Omicidio-suicidio, il parroco: «Gianfranco è stato lasciato solo»

1 Maggio 2014

In 200 ai funerali del padre omicida. A Cepagatti è il giorno dell'addio alla piccola Neyda

PESCARA. «Dove c’è il Signore c’è la pace, quella che è mancata a Gianfranco nell’ultimo periodo. Ma dobbiamo guardare oltre, le parole sono insufficienti», ha detto don Achille nella breve omelia, seguita al Vangelo secondo Matteo, e rivolgendosi alle circa 200 persone che, ieri, hanno partecipato al funerale di Gianfranco Di Zio nella chiesa di San Giuseppe. «Non ci sono parole», ha ripetuto il prete durante la funzione scegliendo di tacere sul gesto dell’uomo di 48 anni, l’autotrasportatore che si è tolto la vita bruciando anche sua figlia, la piccola Neyda di cinque anni nata dall’unione con Ena Pietrangelo, la donna di 44 anni ancora ricoverata nel Centro grandi ustionati di Roma. «Dobbiamo stare vicini a chi soffre, a chi passa un brutto momento», ha proseguito il prete senza mai nominare la bimba innocente che ha perso la vita ma, all’inizio della funzione, porgendo le sue condoglianze alle due famiglia e ricordando che «davanti a Dio siamo tutti peccatori e tutti dobbiamo chiedere perdono». In lacrime, la mamma di Gianfranco Maria Teresa, l’ultima testimone di quella tragica domenica perché è in casa della donna che nel pomeriggio si erano ritrovati Gianfranco, la sua convivente e la piccola Neyda. Poi, cosa sia accaduto, quali siano stati gli spostamenti dei tre deve essere ancora ricostruito dagli investigatori che stanno cercando di risalire a quell’ora di buio tra le 17 e le 18 culminata con la tragedia nell’auto in via Lago di Chiusi a Pescara. «Sappiamo come anche voi in questo momento state soffrendo», ha proseguito il prete. «Questo non è il momento delle parole, è il momento della preghiera per affidarci all’infinita misericordia di Dio. Dobbiamo essere tutti più vicini a chi ci è a fianco. E’ come un monito per noi, dobbiamo stare più vicino a chi soffre», ha detto ancora don Achille avviandosi verso la conclusione e invitando «all’amore» i parenti presenti al funerale.

 

Ai primi banchi sedevano i familiari più stretti di Di Zio, il figlio Giorgio avuto da un altro matrimonio, e i fratelli Marco, Luciana, Rita e Paola che, alla fine della messa, hanno baciato la bara del fratello. Non c’erano, invece, i familiari di Ena Pietrangelo, la donna che sta lottando tra la vita e la morte nell’ospedale Sant’Eugenio di Roma dove è ricoverata in seguito alle gravi ustioni riportate per tentare di salvare la figlia dalle fiamme. Non ci sarà, Pietrangelo, al funerale della piccola Neyda che si terrà oggi a Cepagatti sulla cui piccola bara bianca circondata dai giochi e dai fiori, ieri mattina all’obitorio, piangevano le sorelle di Pietrangelo e le altre sue tre figlie più grandi nate da un precedente matrimonio. Ma nella camera ardente allestita per la piccola si sono recati anche i familiari di Di Zio, gli stessi che anche ieri all’uscita della messa ripetevano: «Gianfranco era depresso ma nessuno l’ha aiutato, Gianfranco stava male» raccontandosi, poi, quella scenda terribile con il papà che abbraccia la figlia, cosparge i corpi di benzina e dà fuoco a entrambi sotto lo sguardo di Pietrangelo.

Sono durati una trentina di minuti i funerali dell’uomo che saranno seguiti oggi pomeriggio da quelli della figlioletta: due funerali separati, uno a Pescara e l’altro a Cepagatti che oggi saluterà l’angelo con il lutto cittadino. Proseguono, intanto, le indagini della squadra Mobile di Pierfrancesco Muriana coordinate dal pm Andrea Papalia per ricostruire con esattezza il pomeriggio di domenica. All’appello mancherebbe solo la ricostruzione di un’ora, quella in cui i tre si sono recati in via Lago di Chiusi. Secondo la testimonianza della mamma di Gianfranco, l’ultimo ad aver visto il figlio e la convivente, il clima tra i due sarebbe stato sereno. Ma per la procura il gesto dell’uomo sarebbe stato premeditato, architettato da tempo. I funerali della bambinasono in programma nella chiesa parrocchiale di Santa Lucia, a Cepagatti, comune del Pescarese in cui la bimba viveva con la madre.

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