L'arresto di Cosimo, detto Mimmo, Nobile

PESCARA

Omicidio sulla Strada parco: «Questo è per gli infami», il killer tradito dalla voce

Droga e riciclaggio, ecco gli affari dell'ex ultrà e dell'uomo vicino alla 'Ndrangheta che si intrecciano con Albi e Cavallito. Giovedì 16 previsti gli interrogatori

PESCARA. «Questo è per te e per gli infami come te». Sono le parole che tradiscono il killer dell'architetto Walter Albi, 66 anni, pronunciate mentre sta per esplodere altri colpi di pistola contro il suo ex amico Luca Cavallito, 49 anni, che resterà in ospedale tra la vita e la morte per settimane.

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È il pomeriggio del primo agosto dello scorso anno quando nel bar del Parco va in scena l’agguato mortale a opera di un pescarese coperto da un casco integrale, che avrebbe operato su mandato della ’ndrangheta. Il presunto killer è Cosimo Nobile, 53 anni, mentre il mandante è Natale Ursino, 54 anni, nato a Locri, ma residente a Teramo, dove lavora in un centro estetico, fermato dalla polizia in un ristorante a Fiumicino, dopo un lavoro certosino sui suoi cellulari criptati, che cambiava in continuazione.

Entrambi sono stati arrestati nella notte tra domenica e lunedì scorsi dagli uomini della squadra mobile di Pescara per omicidio e tentato omicidio. Giovedì 16 previsti sono previsti gli interroghatori, Nobile a Pescara e Ursino per rogatoria.

Decisivi, per arrivare a questi arresti, sono stati tre passaggi, così come enunciati da Bellelli. Il primo riguarda le dichiarazioni di Cavallito che da subito aveva individuato nello sparatore il suo amico Nobile: e proprio da quella frase pronunciata contro di lui. Cavallito lo aveva fatto quando ancora non poteva parlare, facendosi capire a gesti, e lo aveva confermato senza ombra di dubbio nel corso dei diversi riconoscimenti vocali.

Da qui la ricostruzione «con metodi investigativi tradizionali», dice Bellelli, «raccolta dati, dichiarazioni di testi, analisi dei telefoni trovati al bar, chat tra Albi, Cavallito e Ursino, poi sottoposti al vaglio del pool». Poi c’è il ritrovamento dei reperti in un’area molto impervia nella zona di Fontanelle: un casco, una scarpa, il castello di una pistola, la stessa portata via a una guardia giurata durante la rapina al Centro Agroalimentare di Cepagatti di qualche settimana prima. E naturalmente il collegamento con quella rapina, per la quale vengono arrestati in tre, fra cui Renato Mancini che non solo confessa la rapina e individua i suoi complici fra cui Nobile, ma dice anche che Nobile tenne quella pistola per sé (stesso calibro di quella usata per uccidere Albi).

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Il movente ruota attorno agli affari: soldi facili che Albi pensava di fare senza sapere chi fosse veramente il suo interlocutore. È Cavallito che fa conoscere Ursino ad Albi che senza farsi scrupoli gli chiede dei soldi: 9.000 euro che gli vengono subito dati. È l’anticipo per una “missione” che Albi avrebbe dovuto fare per conto di Ursino: un viaggio transoceanico con la barca di Albi in Sudamerica o Australia. Per la Procura, un viaggio che poteva servire per trasferire un carico di cocaina o per trasportare un latitante eccellente.

Sta di fatto che Ursino si rende conto che Albi è inaffidabile e con lui Cavallito che ne era stato il garante. E così organizza quell’incontro al bar dove avviene l’agguato, armando la mano di Nobile che «non poteva dirgli di no», come sostiene la procura, per i rapporti che c'erano tra loro. Ma quell'agguato era già saltato qualche giorno prima, il 27 luglio, quando Cavallito trovò il bar chiuso per Covid e propose di spostarsi in un altro locale. (m.cir.)

L’EX ULTRA' E L'UOMO VICINO ALLA 'NDRANGHETA 

Il presunto mandante, Natale Ursino, 54 anni, originario di Locri, viene ritenuto vicino alla cosca Cordì di Locri, anche se nessuna sentenza passata in giudicato lo prova. È stato recluso per diversi anni nel carcere di Teramo, città nella quale, una volta tornato in libertà, ha deciso di vivere, collaborando in un centro estetico. Ha alle spalle delle condanne per droga.

L’ultima operazione in cui è rimasto coinvolto risale al 6 settembre 2022 e, quindi, un mese dopo l’agguato di Pescara. Insieme ad altre 23 persone figura fra gli indagati in una inchiesta della Dda di Firenze chiamata “Nuova Narcos Europea”, a cui hanno lavorato anche la Dda di Reggio Calabria e Milano. Al centro, traffici internazionali di droga, ma non solo. Droga che veniva importata dal Sud America e smerciata da affiliati della ’ndrangheta in tutta Italia. Fiumi di cocaina per agevolare diverse organizzazioni criminali, dalla cosca di Guardavalle alla famiglia dei Pesce-Bellocco-Molè, operante nella Piana di Gioia Tauro.

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Il presunto esecutore del delitto, Cosimo Nobile detto Mimmo, 52 anni, è molto noto a Pescara. Fa gli ex capi storici della tifoseria biancazzurra. Negli anni è stato coinvolto in varie vicende giudiziarie, una delle quali, la più importante, si è conclusa nel 2013 con una condanna a 6 anni e 4 mesi di reclusione. È ritenuto uno dei componenti della banda dei kalashnikov, sgominata dai carabinieri nel 2007.

Tra il 2000 e il 2006, il gruppo ha seminato il panico, mettendo a segno nell’area Chieti-Pescara rapine nelle banche e assaltando portavalori. Nei covi della banda, durante le perquisizioni, sono stati scoperti mitragliatori kalashnikov, fucili a pompa, pistole e revolver, alcuni dei quali sottratti alle guardie giurate durante gli assalti.

Un anno prima della condanna, nel 2012, è tornato alla ribalta delle cronache come testimone chiave dell'omicidio dell’ultrà Domenico Rigante. (a.d.f.)