Parenti nei concorsi del Comune di Pescara, scoppia il caso: «Santilli chiarisca»

23 Dicembre 2025

Pettinari e Di Pillo espongono uno striscione di protesta: «È il nostro codice etico». Poi si fa avanti Di Matteo: «Presidente, dica se ci sono state pressioni in commissione per suo figlio o no»

PESCARA. «Non abbiamo parenti che partecipano ai concorsi del Comune», si legge sullo striscione di protesta affisso in aula consiliare. Il giorno dopo la pubblicazione sul Centro della lista di parenti ed ex politici risultati idonei ai concorsi pubblici, in Consiglio comunale esplode il caso. Il tema deflagra in aula tra accuse frontali e polemiche roventi che partono dai banchi dell’opposizione e arrivano fino all’esposizione di uno striscione di protesta che il presidente del Consiglio comunale, Gianni Santilli, ordina di rimuovere. Il clima si surriscalda al punto che, alla fine, fanno il loro ingresso in sala anche i vigili urbani. E tra gli scranni del centrosinistra qualcuno si rivolge direttamente a Santilli: «Presidente, chiarisca se ci sono state pressioni, ma non è detto che suo figlio non sia in grado di vincere un concorso anche con pressioni», commenta il consigliere Donato Di Matteo.

Ad accendere la miccia in Consiglio, dopo tensioni già altissime all’apertura degli uffici comunali, sono i consiglieri del gruppo civico Domenico Pettinari e Massimiliano Di Pillo. «Oggi ne ha parlato anche il giornale», scandisce Pettinari. «Io ho voluto scrivere su questo cartellone il mio codice etico, che vieta ai parenti di partecipare ai concorsi pubblici. La nostra battaglia continuerà sempre contro figli, mogli, amanti, nipoti e fratelli dei politici – e non solo – che partecipano e vincono concorsi pubblici». Pettinari alza il tono e punta il dito contro il presidente del Consiglio Gianni Santilli. Nella lista degli idonei ai concorsi, pubblicata ieri sul Centro, compare infatti il nome del figlio del presidente, Quirino Santilli. In aula si moltiplicano le sollecitazioni rivolte alla maggioranza, che però sceglie la linea del silenzio. «Ma come si fa a restare zitti, a guardare i telefonini con la testa bassa?», incalza Di Pillo. «E comunque, presidente, visto che parliamo di società partecipate, neppure lì abbiamo parenti o affini».

Pettinari chiede quindi al presidente di prendere posizione e di «tutelare» i consiglieri, ricordando quanto accaduto nelle precedenti sedute. «Ci hanno urlato contro di vergognarci. È stato un attacco alla persona, non al modo di fare politica. E lei non ci ha difeso», accusa Pettinari. «Io non sono intervenuto perché non ho sentito le parole che lei riferisce», replica al microfono Santilli. «Tolga quel cartello, la richiamo ufficialmente», è il primo avvertimento di Santilli rivolto a Di Pillo e Pettinari, che hanno esposto lo striscione di protesta davanti ai loro scranni. «Questo è il secondo richiamo. Al terzo, se non lo togliete, chiamate la forza pubblica». E così, durante la sospensione della seduta, intervengono i vigili urbani per rimuovere lo striscione.

Mentre la maggioranza resta trincerata nel silenzio, l’unico a esporsi apertamente è il consigliere civico di centrosinistra Donato Di Matteo. «Il codice etico è una cosa positiva», afferma. «Nel corso della mia esperienza politica ho subito molti attacchi, dicendo che aiutavo le persone. Ma qui il punto è un altro: c’è una questione che riguarda le procedure legali. Qualcuno ha fatto forzature per far nominare o far entrare qualcuno?». Di Matteo punta ai nomi pubblicati in graduatoria. «In questo concorso ci sono persone di varie provenienze politiche, le ho guardate una per una», dice Di Matteo, «il codice etico riguarda questo ente: che difficoltà c’è a sostenerlo? Chi fa politica ha mille altre occasioni per creare opportunità».

Poi si rivolge a Santilli: «Presidente, o si chiarisce tutto apertamente, oppure si alimenta solo la speculazione politica. Nessuno può impedire a un parente di chi fa politica di vincere un concorso, sarebbe una discriminazione gravissima. Ma lei deve dire qui, pubblicamente, che non ci sono stati favoritismi né pressioni sulle commissioni giudicanti. Solo così l’argomento diventa chiaro». Di Matteo, già ex assessore regionale con la giunta D’Alfonso, ricorda vecchie polemiche: «Quando venivo attaccato, vedevo le segreterie dei partiti muoversi: c’era chi sistemava lo sposo, chi il compagno. Ma in Regione era un via vai continuo. Se lei non ha fatto pressioni, lo dica chiaramente in quest’aula: dichiari che suo figlio ha superato il concorso esclusivamente per merito».

©RIPRODUZIONE RISERVATA