Pescara, i concorsi tra parenti e merito: «Avere un certo cognome pesa»

30 Dicembre 2025

Contestati gli idonei nelle graduatorie dell’ente, il deputato Pd D’Alfonso: «Personalità ben identificabili». Il presidente Sospiri (Forza Italia) difende le scelte: «Non credo ci siano stati favoritismi di qualsiasi sorta»

PESCARA. Se le commedie di Checco Zalone funzionano perché esaspera un luogo comune fino a renderlo grottesco, la realtà, quando gli somiglia troppo, smette di essere divertente e diventa scomoda. È in questo spazio ambiguo, tra legalità formale e imbarazzo etico, che cade il caso dei concorsi pubblici e delle graduatorie che ha scatenato il terremoto politico: tra nepotismi e nomi vicini ad alcuni amministratori comunali in graduatoria, l’opposizione ha già ribattezzato il caso “Parentopoli”, mentre la maggioranza di centrodestra rivendica «la trasparenza e la serietà di tutti i passaggi concorsuali». Ed è proprio in questo spazio che si inserisce la presa di posizione del deputato Pd Luciano D’Alfonso, affidata a una lunga lettera in cui mette in discussione la sostenibilità morale del caso. «Le radici genealogiche hanno sempre un peso specifico», scrive D’Alfonso, ricordando che il cognome non è mai un dettaglio neutro quando incrocia il potere. Dall’altra parte, il presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri di Forza Italia prova a tenere insieme due piani diversi: la difesa dei diritti individuali e il richiamo all’etica pubblica. «Avere un cognome di chi è impegnato in politica non può essere una condanna», afferma, ricordando che «chi si impegna in politica oggi lo fa rinunciando a molto delle proprie libertà».

IL PESO DI UN COGNOME  La lettera di D’Alfonso, figlio di una famiglia modesta, parte dal peso di un cognome, soprattutto, quando «quei cognomi rivestono ruoli pubblici, ricoprono cariche dense di significato, assurgono a censori della piazza o decidono di amministrare, ordinare e deliberare con atti di validità collettiva». E sono stati proprio alcuni cognomi spuntati nelle graduatorie dei concorsi indetti dal Comune di Pescara per reclutare personale a far scattare il caos: «Personalità ben identificabili», taglia corto D’Alfonso. Una circostanza che, pur nel rispetto delle regole, D’Alfonso definisce senza mezzi termini «eticamente imbarazzante, tanto da far balbettare anche il più spregiudicato Checco Zalone della situazione», continua il dem che non accetta le repliche dell’amministrazione. «Sono risposte che tentano di liquidare come “polemica di Capodanno” una questione che invece irrisoria non è: suscita il fastidio di chi non si accontenta delle apparenze e che merita un supplemento di coscienza».

LE 10 DOMANDE  Il cuore politico del documento firmato D’Alfonso è affidato a dieci «quesiti di trasparenza» che il dem pone come una sorta di contro-istruttoria morale da rivolgere agli amministratori di maggioranza. «Senza affannarsi a ribadire la legittimità formale delle procedure», chiede, «come ritenete che la presenza in graduatoria di parenti stretti di amministratori nel pieno del mandato sia compatibile con il principio di opportunità e con la fiducia dei cittadini nelle istituzioni?». Interrogativo che sposta il baricentro dal diritto all’etica pubblica. Poi chiede «in che modo l’amministrazione intende tutelare l’imparzialità del Comune quando i vincitori di concorso risultano legati da rapporti familiari o politici con chi governa l’Ente?». Poi il dem guarda avanti, al «secondo tempo» della vita lavorativa: la carriera, le progressioni, le valutazioni. «Quale garanzia di igiene amministrativa offre l’ordinamento comunale per assicurare che le valutazioni non siano affidate alla sola attesa che l’attuale congiunto cessi il proprio mandato pro tempore?». Non accuse, ma domande che mettono a nudo una zona grigia della politica. Le altre cinque domande D’Alfonso dice di rivolgerle non a un amministratore in carne e ossa, ma a un simbolo. D’Alfonso lo chiama «Signor Rossi», chiarendo implicitamente di riferirsi al classico Mario Rossi della tradizione italiana: il cittadino qualunque, l’italiano medio, senza santi in paradiso e senza cognomi pesanti. Non una persona reale, ma una figura universale, emblema di tutti gli idonei che restano fuori. «Lei ha superato tutte le prove del concorso», scrive il deputato. «Sapere che davanti a lei in graduatoria c’è un parente diretto di un esponente politico di primo piano, le fa sentire che la competizione sia stata davvero alla pari?». È qui che il caso smette di essere una questione tecnica e diventa una questione sociale. «Cosa direbbe a chi, come lei, non ha alcun legame con la politica locale e oggi rischia di restare fuori pur avendo dimostrato di essere idoneo?», prosegue D’Alfonso, dando voce a una frustrazione diffusa. E ancora: «Dopo questa esperienza, consiglierebbe ancora a un giovane di studiare e partecipare ai concorsi pubblici a Pescara confidando solo nel merito?». L’ultima domanda chiude il cerchio con la cultura popolare: «Quo vado? ci fa ridere mostrando che nel posto pubblico, più che il punteggio, contano le “garanzie di parentela”. Da candidato idoneo che si ritrova dietro parenti illustri, lei sta ancora ridendo o ha la sensazione che il film, più che una commedia, somigli a un documentario?». «Forse», conclude provocatoriamente, «al Comune di Pescara converrebbe assumere Checco Zalone come consulente permanente dei concorsi pubblici. Non per violare la legge, che qui nessuno mette in discussione, ma per spiegare ai cittadini se, davanti ai parenti illustri, bisogna ancora credere nella meritocrazia o semplicemente imparare a ridere per non smettere di crederci».

IL CENTRODESTRA  Poche parole per via degli impegni in Emiciclo per il presidente Sospiri che comunque dà la sua: «Non credo proprio ci siano stati favoritismi di qualsiasi sorta», dice, pur riconoscendo che la politica deve pretendere da sé stessa qualcosa in più. «Ritengo che sia consigliabile applicare a se stessi quello che si chiedeva alla moglie di Cesare», aggiunge, evocando il principio per cui non basta essere onesti, ma bisogna anche apparirlo. Una riflessione maturata in una giornata particolarmente intensa, segnata da una lunga maratona consiliare per il bilancio regionale.

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