Pescara, il caso della collezione Di Persio al ministero

Il senatore Lombardi: risolvete la lite con la Sovrintendenza

PESCARA. Dalla conservatrice del Museo d'Orsay, Beatrice Avanzi, al critico Vittorio Sgarbi, fino al sindaco di Pescara Marco Alessandrini - che ha espresso al Centro questa sua volontà - crescono progressivamente le richieste di visitare la Collezione Di Persio, l'importante raccolta di opere pittoriche dell'Ottocento costituita dall'imprenditore-collezionista pescarese Venceslao Di Persio e da sua moglie Rosanna Pallotta in anni e anni di ricerche in diversi Stati.

I capolavori. Con il risultato di aver riunito capolavori di autori come Courbet, Mancini, Daubigny, De Nittis, Rousseau, Morelli, Troyon, Michetti e tanti altri tra la scuola di Barbizon e quella napoletana, una collezione ormai oggetto di richieste di prestito opere per esposizioni internazionali e di proposte per una donazione a enti e prestigiose istituzioni culturali italiane ed estere.

Ma la visita più attesa, da come racconta il collezionista, resta quella del soprintendente per i Beni architettonici e paesaggistici dell'Abruzzo, l'architetto Maria Alessandra Vittorini, invitata da Di Persio, per portarla compiutamente a conoscenza dell'effettiva vicenda, a visitare la collezione e soprattutto lo stabile che, nel progetto di Di Persio, avrebbe dovuto ospitarla con un museo dedicato.

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La sede per la collezione. La famosa ex Banca d'Italia di viale D'Annunzio, al centro di una vicenda giudiziaria che oggi impedisce al collezionista di portare avanti il proprio disegno, per mettere a disposizione della collettività, anzitutto pescarese, il suo tesoro d'arte, attraverso la costituzione di una Fondazione che realizzi e gestisca il Museo da ospitarsi nella vecchia struttura bancaria, acquistata per questo progetto da Di Persio.

Un bene del 1925 - per decenni sede Caripe - che il progetto di riqualificazione di Di Persio non sfiora neppure nella parte esterna e che invece necessita di un ripensamento interno per poter rendere museabile l'edificio, chiudendo quello che secondo il collezionista e i propri tecnici è un cavedio senza alcun peso storico-architettonico e secondo la Soprintendenza è invece una "corte interna" da salvaguardare.

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Il cavedio della discordia. Al di là della diatriba sfociata in una sentenza del Tar favorevole a Di Persio, poi superata dalla decisione del Consiglio di Stato, la posta in gioco è un'altra, come ha notato anche l’attuale amministrazione comunale, ossia riuscire a superare le posizioni contrastanti, al di là di tutto, per non lasciar fuggire dalla città il tesoro artistico riunito dai coniugi. Anche perché il cavedio o corte della discordia non sembrerebbe - ictu oculi - un irrinunciabile pregio cittadino, specie se si vanno a bilanciare, nell'ottica dell'interesse pubblico, la possibilità per Pescara di avere un nuovo e prestigioso museo, capace di innescare meccanismi culturali notevoli, e quella di conservare totalmente inalterato nel suo interno un immobile, già fatiscente, che alternativamente troverebbe destinazioni davvero meno nobili e meno utili per tutti.

L’intervento del senatore. È proprio con questo spirito che si è interessato alla questione anche Enzo Lombardi, già senatore della Repubblica e sindaco dell'Aquila, che, venuto a conoscenza del rischio per l'importante raccolta di essere donata permanentemente addirittura a un museo estero, si è mosso in prima persona presso la Soprintendenza e il ministero «per informare e sollecitare le istituzioni competenti» come afferma «sul grave rischio in cui incorre tutta la regione Abruzzo, quello di vedersi scippato per indifferenza e capricci burocratici un tesoro riconosciuto da numerosi studiosi».

Promessa non mantenuta. Lombardi, come racconta, contattò circa un anno fa, dietro appuntamento, la soprintendente Vittorini all'Aquila, ricevendo la promessa di una pronta visita entro 15 giorni. «Una promessa non mantenuta fino ad oggi» osserva Lombardi, che sulla vicenda aveva interessato contestualmente anche il ministro. «Ma dalla risposta pervenuta al ministro e a me», precisa il senatore, «non è stato possibile evincere un vero interesse a conoscere e magari a provare a risolvere la questione della Collezione Di Persio. Penso che la conservatrice del d'Orsay è arrivata a Pescara da Parigi in pieno luglio e Sgarbi la notte di Natale, mentre Di Persio aspetta ancora la visita dei responsabili di alcune istituzioni locali che evidentemente, rispetto ai succitati, sono molto meno impegnati sui problemi abruzzesi».

L’impegno del sindaco. E così, dopo la massima disponibilità espressa dal sindaco Alessandrini per trovare una soluzione alla vicenda e per scongiurare che la preziosa raccolta d'arte lasci Pescara e l'Abruzzo, e magari anche l'Italia chissà, la città aspetta soltanto di sentire la campana dei Beni culturali. Nella convinzione che chi di dovere non si sottrarrà a una nuova valutazione comune del reale interesse pubblico che sostanzia tutta la questione della Collezione Di Persio.

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