Pescara, il Dna scagiona i tre indagati per l'omicidio Ceci

L’esito del confronto tra i reperti sequestrati e i sospettati: i profili genetici non sono di Ballone, Rossoni e Di Emidio
PESCARA. Sfuma la comparazione tra i reperti sequestrati e i tre indagati e si allontana la possibilità di capire chi ha ucciso Italo Ceci, il commerciante raggiunto da tre colpi di pistola calibro 38 la sera del 20 gennaio 2012 in via De Amicis. E’ una perizia a far cadere i sospetti sui tre finiti sul registro degli indagati tra cui il nome più gettonato fin dal giorno del delitto, è quello di Massimo Ballone, l’ex componente della banda Battestini, ritenuto dal pm Silvia Santoro il possibile mandante dell’omicidio.
Le conclusioni delle circa 50 pagine della consulenza tecnico-biologica del maresciallo capo dei Ris dei carabinieri di Roma Valentino Tullio smorzano la pista più battuta dagli investigatori, quella che cercava un collegamento dal confronto tra i reperti trovati nell’auto sequestrata e i tre indagati. «I profili genetici relativi agli indagati Ballone, Michele Rossoni e Mario Di Emidio non sono compatibili con gli unici profili genetici ottenuti dai reperti rinvenuti all’interno dell’auto Fiat Punto», ha sentenziato la perizia.
In base a queste indagini non solo scema il ruolo di Ballone, attualmente in carcere a Lanciano e da sempre assistito dall’avvocato Carlo Di Mascio, ma sfuma anche l’ipotesi di un abbinamento tra quei reperti e gli altri sospettati, l’imprenditore edile pescarese Rossoni, difeso dall’avvocato Luca Sarodi a cui la procura attribuiva il ruolo del killer, e il giardiniere di Spoltore Mario Di Emidio, difeso da Antonio Valentini, che nella ricostruzione del pm avrebbe partecipato all’organizzazione dell’agguato. In aula si torna domani alle 11, quando saranno illustrati i risultati della perizia.
Il Dna scagiona i tre. La sera dell’omicidio gli investigatori sequestrano una Fiat Punto rossa rubata usata dall’assassino e abbandonata a poche centinaia di metri dal negozio Color Quando della vittima.Nell’auto vengono trovati capelli sul poggiatesta, un cerotto appallottolato, cicche di sigarette sul tappetino dell’auto, oltre a quelle sul marciapede da dove il killer ha fatto fuoco. E’ su questi reperti che fanno forza le indagini che hanno fatto finire sul registro degli indagati le tre persone che, ascoltate informalmente, si erano dichiarate estranee all’omicidio. A fine ottobre dello scorso anno, il gip Maria Michela Di Fine, accogliendo la richiesta del pm Santoro, aveva disposto l’incidente probatorio per comparare il Dna delle tracce lasciate dal killer nell'auto con quello dei tre indagati e in una successiva udienza un perito aveva prelevato campioni di saliva a Ballone, Rossoni e Di Emidio.
«I profili degli indagati non compatibili». «L’unghia e una delle formazioni pilifere trovate nell’area lato guida dell’auto Fiat Punto sono attribuili a una donna», scrive il maresciallo nelle conclusioni indentificando la donna che, però, è estranea all’inchiesta. «Da alcune formazioni pilifere non è stato ottenuto alcun profilo genetico», illustra la perizia, «altre non sono riconducibili alla specie umana». Quindi, la perizia analizza il filtro di sigaretta e il cerotto: «Su questi due reperti è stata riscontrata la presenza di residui biologici umani, ma gli assetti genetici trovati non sono conformi agli standard richiesti per poter essere utilizzati ai fini comparativi. In sintesi», ed ecco le conclusioni, «i profili genetici relativi a Ballone, Rossoni e Di Emidio non sono compatibili con gli unici profili genetici ottenuti dai reperti, in particolare l’unghia e la formazione pilifera». I reperti trovati nell’auto non apparterrebbero quindi ai tre finiti sul registro degli indagati per l’omicidio Ceci.
«Non ci sono impronte sui tre bossoli».La perizia ha esaminato anche i tre bossoli esplosi calibro 38 trovati il 30 settembre 2013 in un seminterrato di uso comune in un condominio in via Raiale dove abita Rossoni. Il materiale era stato sequestrato «a carico di ignoti» e mandò su tutte le furie gli avvocati proprio perché, come sollevarono in aula, si faceva un incidente probatorio «contro persone “note” su un materiale sequestrato a “ignoti”». Secondo la perizia su due bossoli «non è stata rilevata la presenza di sostanza biologica tipizzabile» e sul terzo «il residuo biologico trovato non è conforme agli standard per poter essere utilizzato». Quindi, per i tre bossoli, il perito conclude: «Le operazioni effettuate non hanno consentito di rilevare contatti capillari utilizzabili per i confronti con le impronte degli indagati». E’ di questo che si parlerà nell’udienza di domani.
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