Pescara, la pista ciclabile morta sotto l’erba / Video

Ecco com’è ridotto il parco con sentiero lungo Fosso Grande costruito 17 anni fa e costato 500 mila euro, ma mai aperto

PESCARA. Che cosa succede a un parco con pista ciclabile, nato nel 1996, costato 500 mila euro e mai aperto, se nessuno taglia l’erba, pota gli alberi e raccoglie i rifiuti? La risposta a questa domanda sta nelle foto che pubblichiamo, nel video che trovate sul nostro sito www.ilcentro.it o, se volete, potete andare a farvi una passeggiata di persona nella savana che ricopre il giardino con sentiero che corre lungo Fosso Grande, tra Pescara e Spoltore. Un percorso nella natura ormai morto e sepolto.

Secondo il progetto di 17 anni fa, all’epoca del sindaco Carlo Pace, il parco con pista ciclabile in betonelle, lungo un chilometro, avrebbe dovuto arrivare fino al parco fluviale del lungofiume: un’idea rimasta carta straccia e diventata il simbolo degli sprechi. Finora, l’opera è costata almeno 845 milioni di lire (436 mila euro). Un’incompiuta e fantasma: sì perché, oltre all’abbandono, il tracciato finisce contro un muro di cemento e un terreno coltivato. Niente ingresso e niente uscita. Oggi, è impossibile accedere alla zona se non scavalcando i cancelli chiusi oppure passando su terreni privati. Il risultato di 17 anni di incuria è che la vegetazione selvaggia che cresce lungo il torrente si è impadronita del tracciato e non resta neanche più lo spazio per camminare, figurarsi ad andare in bici, gli alberi sono crollati e in mezzo all’erba alta ci sono i rifiuti, compreso lo scheletro di uno scooter. È questa la cartolina da Fosso Grande. Ormai, i residenti hanno perso le speranze: risale al 1999, due anni dopo la mancata fine dei lavori prevista per il 30 settembre del 1997, un dossier dell’ambientalista Giancarlo Odoardi, oggi presidente di Pescarabici. «L’iniziativa, nel suo complesso, va quanto prima portata a termine ma in maniera logica e comprensibile e, possibilmente, in armonia con gli equilibri naturali. Il comparto vegetazionale presente», prevedeva Odoardi, «è soggetto a un forte dinamismo dovuto alla presenza dell’acqua, dinamismo a cui bisogna adeguarsi: non si ha a che fare con gli alberi delle strade». Invece, non è stato così: manutenzione zero. L’anno dopo, nel 2000, è stata la volta di una petizione: «I lavori, con consegna del cantiere il 5 novembre 1996, dovevano essere ultimati il 30 settembre 1997 ma lo scorso anno, 1999, erano ancora in corso», denunciavano i residenti, «soprattutto per ripristinare lo stato di degrado e abbandono in cui tutto il tracciato si è venuto a trovare dovuto alla rigogliosa crescita della vegetazione, tra l’altro scontata e prevedibile, ma soprattutto alla totale assenza di cura e manutenzione. Quest’anno si è di nuovo nella stessa situazione: l’area è abbandonata e non ci sono segni di intervento da parte di chi avrebbe il compito di gestirla». Dalla petizione sono passati altri 13 anni: le cose vanno peggio.

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