Pescara, manca il braccialetto: detenuto resta in carcere e fa lo sciopero della fame

Il giudice concede i domiciliari a un 53enne e impone di applicare il dispositivo, ma dal 19 marzo lo strumento non è mai arrivato. Questa mattina il malore in cella

PESCARA. Dovrebbe stare ai domiciliari, con il braccialetto elettronico, come disposto dal giudice. E invece è in carcere in attesa di ricevere il braccialetto, al momento non disponibile. E senza questo apparecchio non può lasciare la casa circondariale. Il detenuto M.P., 53 anni, della provincia di Pescara, aspetta dal 19 marzo di tornare nella sua abitazione, seppure in stato di arresto. E vive nell’incertezza perché, nonostante la disposizione del giudice che gli consente di lasciare il carcere, non sa quanto dovrà rimanere in cella. Ecco perché ha cominciato lo sciopero della fame.
Il 53enne si è messo nei guai il primo marzo, quando è stato arrestato dalla polizia. È successo tutto su un autobus, dove l’uomo ha aggredito una ragazzina di 14 anni, figlia della sua ex compagna. Voleva che la giovane scendesse con lui dal pullman ma il conducente del mezzo si è accorto del trambusto e l’uomo si è visto costretto alla fuga. Lo ha bloccato un finanziere, poi è stato raggiunto dalla squadra volante che lo ha trovato in possesso di un coltello e appurato che nei suoi confronti esisteva un divieto di avvicinamento all’ex compagna a seguito degli atti persecutori e delle minacce di cui si sarebbe reso responsabile in passato.
Dopo quasi tre settimane in carcere per il 53enne si è concretizzata la possibilità di passare ai domiciliari. Il 19 marzo il Tribunale del riesame dell'Aquila ha accolto la richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. L’istanza è stata presentata dal difensore dell'uomo, Luca Aceto. È stata fissata, però, una condizione: l'utilizzo del braccialetto elettronico. Con questo dispositivo è possibile monitorare a distanza i movimenti di chi si trova ai domiciliari in modo da poter intervenire in tempo reale in caso di evasione. Ma di questi strumenti ce ne sono pochi, in Italia, e il 53enne è finito in lista d’attesa. Ecco perché è rimasto, nonostante che un giudice abbia disposto altro per lui. Aceto ha provato ad uscirne, informandosi sui tempi di attesa, ma non c’è nulla di certo perché potrebbero essere necessari mesi prima di veder recapitare il braccialetto al detenuto. Intanto sono già passati più di dieci giorni. E nulla è accaduto. Aceto, che ha raccolto lo sfogo del suo assistito, parla di «una paradossale lesione dei diritti» del 53enne, perché «da una parte è stato ritenuto meritevole della misura cautelare dei domiciliari, meno afflittiva rispetto al carcere, e dall'altra non può beneficiarne per mancanza di braccialetti. Questo apparecchio», fa notare, «potrebbe davvero servire a svuotare le carceri da migliaia di detenuti a basso indice di pericolosità, sottraendoli alle lezioni di scuola del crimine che caratterizzano inevitabilmente le strutture penitenziarie». Nel caso specifico l’indagato vive con «sei compagni di cella» ed è sprofondato in uno stato di «prostrazione psicologica», subendo una situazione surreale e vivendo sulla sua pelle i limiti concreti di un sistema traballante.
Ed è proprio pensando al caso del suo assistito Aceto commenta che «il braccialetto contribuirebbe a risolvere il drammatico problema del sovraffollamento carcerario», esistente anche a Pescara. Ma in Italia sono stati acquistati «solo duemila di questi dispositivi perché nel 2004 si pensava che fossero sufficienti» ed è evidente che non è così. Sempre Aceto fa notare che lo Stato spende «9 milioni all'anno, con Telecom, per far funzionare» i braccialetti ed è una cifra enorme visto che «in Italia il costo giornaliero è di 115 euro, in Germania 7 e in America 5».
Al danno si aggiunge la beffa. Per il 53enne è stato chiesto e ottenuto il giudizio abbreviato, fissato al 12 aprile, giorno in cui si definirà l’episodio del primo marzo. È possibile che per quel giorno l’uomo sarà ancora in carcere, nella speranza di ricevere il braccialetto. E la vicenda giudiziaria si concluderà prima ancora dell’arrivo del tanto atteso dispositivo elettronico. Se le cose andranno così, il ricorso al Tribunale del Riesame sarà stato vano. E il suo pronunciamento inutile.

Questa mattina il malore in cella. Si sente male questa mattina in cella dopo alcuni giorni di sciopero della fame e viene ricoverato in ospedale a Pescara per accertamenti. Aveva cominciato la protesta perché costretto a restare al San Donato, mentre avrebbe dovuto essere ai domiciliari con il braccialetto elettronico, come deciso dal Tribunale del Riesame dell'Aquila. A causa dell'indisponibilità del dispositivo, però, è rimasto nella casa circondariale pescarese e questa mattina ha avuto un malore legato alla protesta e alla mancanza di alimentazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA