Pescara, omicidio Ceci, altra resa: la Procura getta la spugna
Non ci sono prove a carico dei tre indagati e sul movente della vendetta: dopo tre anni e mezzo di indagini si archivia tutto
PESCARA. C’è il passato ingombrante di Italo Ceci, bandito redento della banda Battestini che con le sue dichiarazioni fa arrestare un bel po’ di ex compagni; ci sono le dichiarazioni di un pentito della stessa banda che in tempi non sospetti racconta di un piano per ammazzare Ceci «l’infame», c’è un testimone di quel delitto, un identikit dell’assassino e anche un presunto movente per chi ha ammazzato Ceci il 20 gennaio del 2012 in via de Amicis, mentre «la sentinella del quartiere» abbassava le saracinesche del negozio di vernici che gestiva da anni. C’è pure l’auto utilizzata dal killer e ci sono perfino le targhe di quell’auto, ritrovate nella disponibilità di un pescarese direttamente collegato, come attestano i riscontri tecnici degli investigatori, a un giro di amicizie che riportano tutte a Massimo Ballone, la mente sopraffina di quel che resta della banda Battestini, la banda tradita da Ceci.
Eppure, a distanza di più tre anni e mezzo da quell’omicidio non solo non ci sono colpevoli, ma la Procura getta la spugna e archivia tutto. «I plurimi elementi indiziari evidenziati nell’informativa finale della questura», scrive il gip Maria Michela Di Fine nel decreto di archiviazione depositato lo scorso 15 ottobre su richiesta del pm Silvia Santoro, «non appaiono allo stato idonei a suffragare l’ipotesi investigativa che ha condotto all’iscrizione degli indagati». Vale a dire, di Ballone, difeso dall’avvocato Carlo Di Mascio, Michele Rossoni (avvocato Luca Sarodi) e Mario Di Emidio (difeso da Antonio Valentini).
Non ci sono riscontri. «Esaminati gli atti», scrive il gip, «ritenuto che possono condividersi integralmente le articolate considerazioni svolte dal pm nella richiesta di archiviazione, pur alla luce della complessa attività investigativa svolta, compendiata nell’informativa finale della questura, non emergono riscontri per individuare negli indagati gli autori materiali o morali dell’omicidio di Italo Ceci, essendo le emergenze processuali inadeguate per un utile esercizio dell’azione penale in sede dibattimentale».
Dunque, oltre all’assassino di Nicola Bucco, c’è anche quello di Ceci che se ne va ancora a spasso nonostante come e più di Bucco, il killer quel 20 gennaio abbia agito in pieno centro, in una strada stretta e illuminata com’era come via De Amicis all’angolo con via Martiri Pennesi, all’ora in cui, poco dopo le 19, i negozianti si preparavano alla chiusura e le famiglie rincasavano per la cena: è in questo contesto che il killler, che un passante vede a distanza ravvicinata, scende dall’auto, raggiunge Ceci che sta abbassando la saracinesca di Color Quando, gli punta la calibro 38, gli spara tre volte, poi corre in macchina e scappa contromano su via De Amicis. Un altro delitto perfetto?
Forse no a giudicare dagli elementi raccolti dall’accusa, forse sì se alla fine la stessa accusa deve andare alla resa perché di prove non ce ne sono.
Il presunto mandante. Prima di tutto a carico di Massimo Ballone che in questa storia viene tirato dentro sin dall’inizio come presunto mandante di un omicidio maturato nell’ambito di una vendetta per le delazioni di Ceci.
Ma sull’ex componente della banda Battestini che la sera stessa dell’omicidio viene sottoposto alla prova dello Stub, dopo tre anni e mezzo di indagini ci sono solo i residui di polvere da sparo rilevati sulla sua mano destra dopo quell’esame. Residui sicuramente non sufficienti per indicare Ballone come il killer di Ceci, ma che fanno ipotizzare agli investigatori della Mobile che in quelle ore a ridosso dell’omicidio il bandito laureato, Ballone, possa aver avuto un contatto con il killer che ha ammazzato Ceci.
A parte questo, però, su Ballone, sospettato di essere il regista dell’omicidio anche rispetto alle rivelazioni che nel 2006 aveva fatto e poi ritratto Mancinelli (l’ex componente della banda Battestini morto suicida in una tentata rapina del 2011) non emerge null’altro. Neanche i contatti telefonici con gli altri due indagati, Rossoni e Di Emidio.
Il presunto killer. L’imprenditore edile pescarese Michele Rossoni, inizialmente viene ritenuto dall’accusa il presunto killer per la sua somiglianza con l’identikit ricostruito grazie alla descrizione fornita dal testimone oculare che parla di un uomo tra i 45 e i 50 anni, obeso, con addome pronunciato, spalle ampie, non più di un metro e 70, viso tondo, occhi chiari, carnagione olivastra, viso butterato con una sorta di imperfezione o asimmetria sullo zigomo destro; per i frequenti contatti telefonici con l’altro indagato Di Emilio la sera dell’omicidio e per le rilevazioni dei ponti radio che quella sera danno la stessa utenza telefonica in uso a Rossoni e a suo figlio in posti molto vicini al delitto, tra viale Bovio e via Caravaggio (la Punto bordeaux usata dal killer viene ritrovata in via Gioberti). Indizi che non bastano a dimostrare ciò che ipotizza l’accusa e da cui lo stesso Rossoni si difende ribadendo che quel 20 gennaio era a casa con la moglie a festeggiare l’anniversario di matrimonio.
Di Emidio e le targhe. Il giardiniere di Spoltore viene trovato in possesso delle targhe originariamente abbinate alla Fiat Punto utilizzata dal killer e la sera dell’omicidio la sua utenza telefonica viene rilevata in viale Bovio, tra via Martiri Pennesi e via Gioberti. Risulta anche che le targhe sostituite sulla Fiat Punto sono di un autocarro parcheggiato all’interno del cortile di una concessionaria di cui Di Emidio conosce un addetto ai ricambi e dove lui stesso ha lavorato come giardiniere. E ancora lo stesso Di Emidio, dieci giorni dopo l’omicidio Ceci, viene fermato dai carabinieri su un Ducato con la targa contraffatta; togliendo il nastro adesivo si scopre che la targa è della Punto rubata il 4 novembre a Montesilvano e che quel furgone è stato invece rubato a fine ottobre nel Teramano. Indizi che inducono l’accusa a ritenere che Di Emidio sia coinvolto nell’organizzazione dell’omicidio, ma che alla fine non sono sufficienti a dimostrarlo. Dunque caso archiviato. Resta che Ceci è morto ammazzato. In centro, a Pescara.
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