Pescara, truffa ai danni dello Stato e corruzione Sedici avvisi di garanzia al "partito dell'acqua"

30 Dicembre 2011

Chiusa l'inchiesta sull'Ato 4 di Pescara, l'autorità d'ambito per la gestione degli acquedotti pubbilici. Fra gli indagati l'ex parlamentare Pd Giorgio D'Ambrosio, alcuni dirigenti e dipendenti dell'ente, il sindaco di Montesilvano Pasquale Cordoma. I reati contestati vanno dal peculato, alla corruzione, all'abuso d'ufficio, al falso, alla truffa ai danni dello Stato, alla distruzione di documenti

PESCARA. Sono sedici gli avvisi di conclusione delle indagini notificati ieri dalla Digos della Questura di Pescara nell'ambito delle indagini, coordinate dal pm della Procura di Pescara Valentina D'Agostino, sul cosiddetto "partito dell'acqua" che si sarebbe creato in Abruzzo nell'ambito dell'Ato numero 4 pescarese. Nei confronti degli indagati sarebbero stati raccolti gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione di reati come peculato, corruzione, abuso d'ufficio, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, distruzione di documenti, truffa ai danni dello Stato e in violazione dell'articolo 97 della Costituzione.

I fatti si riferiscono al periodo tra il 2003 e il mese di dicembre 2007. Tra gli indagati ci sono l'allora presidente dell'Ato Giorgio D'Ambrosio (che era parlamentare del Pd), alcuni dirigenti, alcuni dipendenti (come il factotum di D'Ambrosio, Vincenzo Di Giamberardino, e Fabio Ferrante) nonché i componenti del Consiglio di amministrazione dell'Ato tra cui l'ex sindaco di Francavilla (Chieti) Roberto Angelucci, il sindaco di Montesilvano Lillo Cordoma, e l'allora assessore di Montesilvano Francesco Di Pasquale, oltre al segretario dell'Ato Fabrizio Bernardini.

Gli altri indagati sono tre ex componenti del cda dell'Ato, Francesco Di Pasquale, Franco Feliciani, e l'assessore al comune di Penne (Pescara) Gabriele Pasqualone; Nino Pagano, funzionario Ato; Silvia Robusto, dipendente Ato; Alessandro Antonacci, dirigente tecnico Ato; Sergio Franci, ex consulente Ato; Pierluigi Caputi, dirigente regionale e commissario straordinario dell'Ato; Ercole Cauti, imprenditore; Luigi Panzone, docente di scienze manageriali dell'Università D'Annunzio. Il professore Panzone deve rispondere di corruzione in quanto, secondo l'accusa, avrebbe agevolato Giorgio D'Ambrosio, a superare gli esami e a laurearsi in economia e management.

Di Giulio ha  sottolineato che all'interno dell'Ato si registrava "una gestione personalistica dell'ente, che è un ente pubblico", con un "danno patrimoniale ai danni dello Stato che sarà recuperato attraverso la Corte dei Conti.

Numerosi gli episodi accertati dagli inquirenti durante un anno e mezzo di indagini. Fra questi, l'uso personale delle auto dell'ente per assolvere a impegni politici del presidente D'Ambrosio, all'epoca parlamentare; sperpero di denaro pubblico per pranzi conviviali estranei alle finalità dell'ente; distruzione di documenti pubblici già emanati e sostituiti con atti amministrativi effettuati in epoca successiva al fine di prorogare contratti lavorativi ad alcuni dirigenti in vista della nomina del commissario straordinario; affidamento diretto di incarichi professionali, e dunque senza alcuna selezione, a persone legate al direttivo dell'Ato da rapporti personali o politici.

Secondo l'accusa, la "pressione" ed il "controllo" sulla struttura da parte di taluni degli indagati sarebbero preseguiti anche negli anni successivi e finalizzati soprattutto al condizionamento delle scelte riguardanti la vita dell'ente come la riforma degli Ato e l'adeguamento delle tariffe dell'acqua. Nell'ambito dell'inchiesta, la procura di Pescara ha effettuato uno stralcio, in cui figurano altri indagati.

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