Politica & banche, il buco dell'ex Carichieti che spaventa l’Abruzzo

Pm di Pescara: rinvio a giudizio per imprenditori, banchieri e politici

PESCARA. Un prestito da 14 milioni di euro concesso a «un amico», senza garanzie, in un intreccio tra imprenditori e banchieri con lo sfondo della politica. Un prestito senza coperture che, tra tanti altri, contribuisce alla fine a mettere in ginocchio i conti della Carichieti, l’istituto bancario salvato lo scorso anno da un provvidenziale intervento governativo. E clamorosamente risalito nei giorni scorsi addirittura sulla ribalta internazionale per una sinistra profezia del Financial Times, vera Bibbia del capitalismo anglosassone. Che lo ha indicato come uno dei possibili punti di crisi del sistema bancario italiano, soprattutto se al referendum di domenica prossima dovesse vincere il No. Un prestito trasformatosi in intricata vicenda giudiziaria che sfocia adesso in una richiesta di rinvio a giudizio che chiama sul banco degli imputati personaggi eccellentissimi. Dell’imprendioria, del credito e della politica abruzzese. Come raramente era capitato in passato. Offrendo uno spaccato illuminante delle trame ad alto rischio che vedono protagonisti personaggi influentissimi della regione.

BANCAROTTA. Al centro dell’indagine della finanza di Pescara finisce un mutuo «impossibile», una parte corposa di tutto il buco Carichieti. Mutuo «impossibile», per la finanza, perché l’imprenditore Carmine De Nicola, un tempo signore delle scuole private e delle case di cura fino al tentativo non riuscito di scalare Villa Pini a Chieti e poi ritrovatosi sull’orlo del fallimento, non avrebbe mai potuto pagare le rate da 1,5 milioni di euro all’anno. L’intuizione degli inquirenti porta alla pista della bancarotta fraudolenta: infatti, fallisce la società Sicof di De Nicola finanziata dalla Carichieti, il prestito resta scoperto e De Nicola risulta uno dei tre «principali» debitori della banca (già dichiarata insolvente il 7 giugno scorso). Il suo debito totale con la banca è di quasi 50 milioni.

BUFERA CARICHIETI. Anche a causa di questi 50 milioni non restituiti da De Nicola, per decenni vicino alla curia pescarese, la Carichieti si ritrova in sofferenza e al centro di uno scandalo economico nazionale con Banca Etruria e Banca Marche. De Nicola, 71 anni di Francavilla, 5 società fallite negli ultimi due anni, l’imprenditore delle auto di lusso Gianni Paglione e il costruttore veneto Andrea Repetto devono in tutto alla banca 109 milioni. Soldi dati agli imprenditori in crisi, sconfinando i limiti inizialmente pattuiti e mai tornati indietro. Tanto che, nel 2014, il decreto di commissariamento della Carichieti conferma già «persistenti lacune nella gestione dei principali clienti» e cioè De Nicola, Paglione e Repetto.

CASO INTERNAZIONALE. E, a fronte di questo buco spaventoso, il caso di provincia travalica i confini d’Abruzzo e d’Italia e diventa internazionale: accade perché la Carichieti, tra economia e politica, arriva proprio sul Financial Times: se vince il No al referendum, così scrive il giornale economico, anche la banca teatina rischierebbe «il fallimento». Lo stesso destino, derivante da un possibile rischio di instabilità dei mercati legato alla vittoria del No al referendum, potrebbe travolgere anche altre 7 banche in difficoltà: il Monte dei Paschi di Siena, terza banca italiana per asset, tre banche medie (Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Carige), e insieme alla Carichieti altri tre istituti salvati l’anno scorso (Banca Etruria, Banca delle Marche e Cariferrara).

EX VERTICI INDAGATI. Sono 26 le persone indagate in Abruzzo dalla finanza guidata dal comandante provinciale Francesco Mora e dal comandante del nucleo di polizia tributaria Michele Iadarola. E tra questi ci sono anche gli ex vertici Carichieti, l’ex direttore generale Francesco Di Tizio, 60 anni, e Luigi De Vitis, ex capo area della filiale di Pescara 6: sono accusati di concorso in bancarotta fraudolenta con De Nicola, il suo braccio destro Antonio Di Ianni, 54 anni, originario di Lucera e residente a Francavilla, e Guerino Testa, 46 anni, ex presidente della Provincia di Pescara e attuale consigliere comunale di opposizione, per la sua professione di commercialista. Il procuratore capo facente funzioni Cristina Tedeschini e la pm Anna Rita Mantini hanno chiesto il processo per tutti gli indagati, a vario titolo per bancarotta fraudolenta e truffa, e il prossimo 6 dicembre si aprirà l’udienza preliminare davanti al gup Gianluca Sarandrea.
PRESTITO FACILE. Tutto ruota, come dicevamo, intorno al prestito concesso nel 2007 a De Nicola senza garanzie ma, sostiene l’accusa, attraverso perizie gonfiate di terreni e immobili. Sarebbe stato Di Tizio a favorire la pratica della Sicof «indirizzando e orientando fraudolentemente» il cda della banca. Per gli inquirenti, quella dell’ex direttore generale – Di Tizio è rimasto in carica fino al 2010 – sarebbe stata un’azione pianificata e attuata «strumentalizzando le sue consolidate interessenze personali e amicali con De Nicola». E in cambio della corsia preferenziale offerta a De Nicola, Di Tizio ne avrebbe ricavato «l’assunzione» del fratello e della cognata in due società dell’imprenditore e «sistematiche regalie» come bottiglie di vino e un telefono cellulare. Di Tizio si è difeso con una memoria, sottolineando anche la modestia dei regali di fronte al mutuo milionario, ma finora il quadro dell’accusa non è cambiato.

CRISI IGNORATA. A De Vitis è contestato di aver «fraudolentemente» istruito la pratica di De Nicola «al fine di assicurarne un esito favorevole» chiudendo gli occhi, così dice l’accusa, su un evidente stato di crisi della Sicof visto che sarebbe stato «impossibile» per la società di De Nicola adempiere ai pagamenti delle rate. Sempre per blindare la concessione del mutuo, sarebbero stati «falsamente valorizzati» anche «gli incassi di futuri dividendi» provenienti da due società nel campo della sanità privata in quel periodo ancora in fase di acquisizione, Villa Anna e Stella Maris.

C’È UN POLITICO. Testa è indagato, invece, in qualità di commercialista: avrebbe distratto, insieme De Nicola e Di Ianni, i 14 milioni del mutuo a vantaggio di un’altra società sempre di De Nicola: con l’accordo dei tre, i fondi ottenuti dalla Sicof sarebbero stati girati con un maxi bonifico a un’altra società, la Smc, con l’obiettivo di «incrementi patrimoniali». Indagati per il prestito anche due tecnici autori di presunte perizie gonfiate. Che, insieme alle altre irregolarità, hanno alla fine portato Carichieti anche sulla ribalta internazionale del Financial Times

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