Porto chiuso a Pescara, niente lavoro per centinaia di marinai

Fondali bassi e imbarcazioni bloccate, scoppia la protesta: «Adesso la politica ci deve rimborsare»

PESCARA. Torna a bussare alla porta di centinaia di marinai pescaresi l'incubo del 2012 del porto chiuso. Con i fondali ridotti a pochi centimetri di sabbia e fango e con le imbarcazioni grandi e piccole, costrette a rimanere ferme alla banchina in attesa di un intervento minimo di dragaggio, le notti insonni per i mancati guadagni delle attività di pesca si sommano all'incertezza del futuro. Poiché, nonostante le promesse di nuovi lavori da parte della filiera istituzionale, lo scalo cittadino oggi si è dovuto arrendere nuovamente di fronte all'ultima, violenta mareggiata.

Sotto la spinta dei venti del nord, raccontano amareggiati i lupi di mare raccolti ieri mattina nella sede dell'Associazione armatori, la forza del mare è stata così forte da far arrivare le onde ben oltre la diga foranea, distruggendo i cosiddetti "materassi" e rendendo nulla quella barriera di sabbia costruita per proteggere l'infrastruttura dall'avanzata dell'acqua. Un evento improvviso, come non se ne vedevano da almeno trent'anni, ma che è riuscito in poche ore a riportare la situazione indietro di quattro anni.

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Tutte le criticità del porto cittadino, coperte dagli annunci roboanti della politica e da promesse di interventi certi in poco tempo, sono venute a galla di colpo. Dal piano regolatore portuale, rimasto nel cassetto per mesi a causa dei tempi farraginosi della burocrazia, fino alla mancata erogazione degli indennizzi del fermo pesca 2015 e 2016 per armatori e lavoratori dipendenti che adesso, con lo scalo bloccato, non sanno più come fare per fare la spesa e pagare le bollette. Dalla mancata programmazione di un intervento integrale di dragaggio fino alle cause processuali ancora in corso per il risarcimento dei danni causati dall'ultima emergenza insabbiamento. «Per due anni e mezzo», sbotta Mimmo Grosso rivolgendosi ai rappresentanti di Comune e Regione, «la politica non ha fatto niente e non ha considerato le nostre difficoltà. Tra di noi ci sono persone che stanno ancora pagando le conseguenze dei disastri del 2012 e del 2013 e adesso, per cause indipendenti dalla nostra volontà, siamo costretti nuovamente a rimanere a terra. Ma così non possiamo andare avanti: c'è bisogno di trovare un ristoro economico certo per le nostre famiglie».

Le ultime rilevazioni batimetriche effettuate ieri mattina dalla Capitaneria di porto hanno confermato le criticità del giorno precedente, che hanno convinto il comandante Enrico Moretti a firmare l'ordinanza di chiusura dello scalo. In linea generale, la profondità raggiunge appena 2,8 metri. Questo vuol dire che il 70 per cento delle circa 80 imbarcazioni del porto, con un pescaggio superiore a 2,20 metri, non può effettuare le manovre di entrata e di uscita senza mettere a repentaglio la vita dell'equipaggio. «Ma anche le barche più piccole hanno problemi», sbotta Mario Camplone, «con questa bufera in atto, non ce la sentiamo di uscire per pescare. L'esperienza ci insegna che in mare, specialmente di notte, può succedere di tutto. Anche dal punto di vista del meteo non è previsto nulla di buono, visto che nelle prossime due settimane soffieranno venti di tramontana e di grecale».

Secondo una stima del presidente della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso, confermata poi dal comandante Moretti, ci vorranno due settimane di lavori per creare un varco all'interno del porto e consentire così alle barche di riprendere le attività in piena sicurezza. Ma con il meteo che annuncia peggioramenti nelle prossime ore, la vera incognita è determinata dalle condizioni atmosferiche nonostante l'annuncio della consegna dei lavori di escavo di 10.000 metri cubi di materiale già nella mattinata di oggi.

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