l'editoriale

Quando l'uomo è lupo per l'uomo

Cosa deve fare un giornale per dare conto di una guerra che sul campo lascia due morti, un uomo in carcere, tre famiglie distrutte, centinaia di amici addolorati, migliaia di utenti inchiodati con le...

Cosa deve fare un giornale per dare conto di una guerra che sul campo lascia due morti, un uomo in carcere, tre famiglie distrutte, centinaia di amici addolorati, migliaia di utenti inchiodati con le loro farneticazioni sui social e una intera regione sgomenta? Può solo fare cronaca, raccontare, offrire spunti di riflessione per tentare di uscire dalla morsa del dolore e dalla barbarie del risentimento.

La vicenda di Vasto, con tutti quegli incitamenti all’odio e alla vendetta che le cronache hanno registrato, le accuse (ingiustificate) alla magistratura, le critiche improprie degli alti prelati, i navigatori di web e social, i comuni cittadini a frotte, tutti impegnati in processi sommari, incitamenti all’assassinio e alle rese dei conti, la vicenda di Vasto, dicevo, mostra bene a che punto di degrado sia capace di scendere la (cosiddetta) società civile.

Per giorni, con un cadavere ancora caldo sul terreno, abbiamo assistito a uno scontro totale tra fazioni irragionevoli, capaci con le loro passioni irrefrenabili di farci uscire dagli ancoraggi sicuri dello Stato di diritto per riportarci alla condizione primordiale dello stato di natura di hobbesiana memoria: quello dell’homo homini lupus.

Sì, l’uomo lupo per l’uomo, spinto dall’amico, dal collega, dal compagno di banco a farsi giustizia da sé, come se la giustizia, lo Stato non esistessero.

E’ in questa eclissi della ragione e delle istituzioni, nell’immaginario collettivo (ma non solo) favorita dalle martellanti campagne di demolizione di valori generalmente condivisi per vent’anni portate avanti da settori consistenti della società e della politica, che si alimentano e prosperano gli istinti più bassi di strati consistenti di fasce di cittadinanza piegate dalla crisi economica e quella dilagante dei valori.

Discorso lungo. E che si perde nel mare magnum della sfiducia e della mancanza di prospettiva che tagliano le gambe a intere generazioni. E che imporrebbero una presenza più forte e adeguata di chi è chiamato per ruolo e vocazione a svolgere i magisteri più alti in ogni articolazione della moderna società.

Noi possiamo solo raccontare e invitare alla riflessione collettiva. Anche documentando e mostrando, quando è necessario, le conseguenze più sgradite di quel folle ritorno allo stato primordiale.

Perché noi vogliamo altro. Vogliamo coltivare il desiderio di giustizia, di conoscenza, di rispetto. In una parola, vogliamo in ogni modo e con tutte le nostre forze riaffermare le buone, sacrosante ragioni dello Stato di diritto.

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