La devozione per San Nunzio

IL DOCUMENTO

Quando scriveva allo zio aguzzino: «Prego per voi» 

Il testo della lettera scritta da Nunzio Sulprizio a 17 anni nel libro di Nicola Nasuti e Maria Lidia dell’Eucarestia

PESCOSANSONESCO. «Mio riveritissimo signor zio, sono quasi due anni che mi trovo in questa città per guarirmi e spero coi bagni d’Ischia prossimi, di guarirmi perfettamente».
Aveva 17 anni e sperava di farcela, malgrado il tormento del dolore alla piaga del piede sinistro che non gli dava tregua ormai da sette anni. Voleva vivere. Quel desiderio fu espresso da Nunzio Sulprizio il 10 maggio 1834, due anni prima della morte, in una lettera struggente e candida che il futuro santo scrisse a Domenico Luciani, lo zio materno, il fabbro dell’ex salita Castello di Pesco, che gli rese la vita un inferno. La missiva è contenuta nel libro “Forte nella prova” scritto a quattro mani da Nicola Nasuti e Maria Lidia dell’Eucarestia.
Nunzio era a Napoli, 104 anni fa, ospite al Maschio Angioino (detto anche Castello Nuovo) del colonnello della Guardia Reale Felice Wochinger che si occupò di lui amorevolmente, come fosse un figlio, dopo il suo arrivo (giugno 1832) nella città partenopea per essere curato all’ospedale degli Incurabili.
Dopo la morte del padre Domenico, quando Nunzio aveva tre anni; della madre Rosa all’età di 6 anni e dell’amatissima nonna Anna Rosaria, a 9 anni Nunzio si ritrovò in casa e nell’officina dello zio «Mingo», che lo trattò sempre come uno schiavo. Maltrattato, umiliato, bastonato, ferito nel corpo e nell’anima, Nunzio non si difese mai dalle ingiurie e dalle percosse di quello zio che lo sfruttava senza pietà, portandolo allo sfinimento fisico e psicologico.
Malgrado la sofferenza infertagli dallo zio, che lo definiva «mangiapane a tradimento» e lo picchiava direttamente sulla ferita procurandogli dolori atroci, Nunzio in questa lettera mostra la sua grandezza umana, morale e spirituale e scrive allo zio come se questi fosse una persona degna del suo amore e della sua dedizione. E trova le parole anche per fargli sapere che avrebbe pregato per lui e per la sua salute.
«Sono bene assistito», riferiva il giovane di cui si tramandano le sembianze attraverso un ritratto dal vivo del pittore Gennaro Maldarelli «cammino senza stampella e spero coi bagni d’Ischia prossimi, di guarirmi perfettamente. Io non tralascio indegnamente di raccomandarvi al Signore, a Santa Maria delle Grazie per farvi stare di perfetta salute, di unito alla zia e alle sorelle cugine, che riverisco di cuore».
Sperava, Nunzio, persino di ricevere da questo zio sciagurato e prepotente, parole di risposta: «Spero che avrò il bene di ricevere i vostri a me cari caratteri e avendo tempo di venire qui, siete il padrone, perché il colonnello vi ossequia. Finisco col baciarvi rispettosamente le mani e sono per sempre il vostro affezionatissimo nipote Nunzio Sulprizio Luciani».
Si firmò con i cognomi dei genitori, «l’affezionatissimo nipote» a cui zio Mingo non rivolse mai parole di affetto e amore. Anzi, mai perdeva occasione per denigrarlo e accusarlo di essere un buono a nulla. (c.co.)