Quel 2 giugno del 1946 Il primo voto delle donne
Le testimonianze di un gruppo di donne ultranovantenni della Val Pescara nella sala Tinozzi della Provincia con Clara Perrotti Marzoli, 106 anni, di Alanno
PESCARA. Per Eugenia, Cristina, Felicetta, le due Clara e Maria Felice, ultranovantenni signore della Val Pescara omaggiate dalle istituzioni , ieri l'altro, nella sala Tinozzi della Provincia, quel 2 giugno del 1946 fu «un giorno di festa». Giovanissime, emozionate e tremanti, «per paura di sbagliare altrimenti, ci dicevano, avremmo rischiato il carcere», abbigliate elegantemente e imbellettate, la scheda elettorale "piena di nomi" in mano o in borsetta, quella domenica di settanta anni fa, si misero in fila educatamente davanti ai seggi in attesa di quel voto che «ci faceva sentire importanti, ci rendeva indipendenti».
Bisognava scegliere tra Monarchia e Repubblica ed eleggere i rappresentanti dell'Assemblea Costituente. Sentivano il peso della storia, le ragazze del '46, che nell'anniversario della Festa della Repubblica Italiana e ancora tanti diritti negati, dicono, di «sentirsi fortunate per avere avuto anche il sostegno incondizionato dei mariti che ci esortavano a non disertare le urne». La Repubblica è «figlia del voto delle donne», che comunque furono protagoniste di una prima prova generale, con le amministrative di due mesi prima, il 10 marzo 1946, per coloro che avevano compiuto 21 anni.
"1946-2016 Settanta anni di Repubblica, ruolo e diritti delle donne" è stato il titolo del convegno, moderato dalla giornalista Rai Maria Rosaria La Morgia, a cui hanno partecipato il prefetto Francesco Provolo, il presidente della Provincia Antonio Di Marco, il sindaco Marco Alessandrini. Gli storici Enzo Fimiani e Sara Follacchio hanno ripercorso le tappe fondamentali del cammino della nascita della Repubblica, i primi passi della nascente democrazia, il ruolo delle donne e la dura lotta verso l'emancipazione.
Cristina Cavalieri, 92 anni, infermiera in pensione di Popoli, dove risiede, quel fatidico 2 giugno era «incinta di sette mesi di mio figlio Pino» racconta la signora, vedova di Cosimo Bellisario e madre di tre figli, Pino, Ester e Oriella. «Arrivai al seggio col pancione e mi dissero che avevo la precedenza a entrare. Quando, giorni prima, ricevetti l'avviso di andare a votare ero fuori di me dalla gioia. Ricordo che pensai: adesso noi donne siamo davvero importanti. Mio marito mi esortò ad andare a votare». La figlia Oriella racconta che la madre, «donna di grande carattere, fu protagonista, all'epoca, di altre battaglie come l'occupazione delle case popolari dopo la distruzione, sotto i bombardamenti, della casa di famiglia».
Eugenia Di Giulio, 91 anni di Tocco Casauria, maritata a Torre de' Passeri con Ermete Lattanzio e madre di Franca, Maria, Donatella e Francesco, ricorda «la grande emozione di quel giorno» e racconta un aneddoto: «Ero amica di Filomena Delli Castelli (classe 1916, una delle madri abruzzesi della Costituente, scomparsa il 22 dicembre 2010 ndc) e spesso veniva al mio paese, Tocco, per incontrare Giuseppe Spataro (avvocato e politico della Dc deceduto nel 1979) col quale, secondo le vignette pettegole dell'epoca, pare avesse una tenera relazione».
Clara Perrotti Marzoli, 106 anni di Alanno, ex allieva del liceo classico D'Annunzio e fondatrice, col marito Giovanni Marzoli della rivista Controvento, una casa trasformata in biblioteca e riferimento culturale della val Pescara, strappa un sorriso al pubblico: «Fu un giorno importante? Mi pare di sì, non ricordo, perdonatemi».
La figlia Marina interviene per rivelare che «in famiglia si discuteva sul voto, ma alla fine vinse la Repubblica. Mia madre difese la sua indipendenza anche nella firma, conservando sempre il cognome da ragazza».
Per Clara Savini di Cepagatti «quel giorno fu festa, non avevamo altri divertimenti». Felicetta Petracca, di Brittoli, ricorda che «sono andata a votare, ma avevo paura. Mi avevano detto: non sbagliare, sennò vai in galera». Maria Felice Chiavaroli, di Loreto Aprutino, traduce a suo modo, l'indipendenza femminile: «Prima le donne dovevano stare sotto, oggi gli uomini non possono più parlare».
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