Ragazzo morto dopo il taser, ci sono tre indagati. E spunta una presumibile intossicazione di cocaina

L’autopsia per la morte improvvisa di Riccardo Rapone è durata fino a tardi. Intanto il pm Gennaro Varone ha aperto due fascicoli: uno per lesioni aggravate in cui sono indagate tre persone e uno contro ignoti per omicidio colposo
PESCARA. Spuntano le botte e una «presumibile intossicazione da cocaina». Fuori i taser e le scariche elettriche con cui era stato colpito dai poliziotti prima del malore in Questura.
Nell’inchiesta per la morte improvvisa di Riccardo Zappone, pescarese di 30 anni residente a San Giovanni Teatino, il pm Gennaro Varone ha aperto due fascicoli, uno contro ignoti per omicidio colposo come conseguenza di altro reato e per spaccio, e un altro per lesioni aggravate. Reato, quest’ultimo, per il quale ha indagato tre persone: Angelo De Luca (assistito dall’avvocato Marco D’Apote), titolare dell’officina di strada Comunale Piana dove è iniziata la lite con Zappone finita in strada, il fratello Paolo De Luca e il genero del meccanico Daniele Giorgini (difesi dagli avvocati Gianluca Carlone e Alessandra Michetti). Per loro anche l’aggravante del numero e dell’uso di un bastone. Scrive al riguardo il pm: «Risulta che Zappone Riccardo, poco prima del malore, sintomo di patologia che ne ha causato il decesso, è stato percosso con violenza, anche mediante uso di un bastone di legno, sino a subire ferite sanguinanti, da più persone identificate dalla visione delle immagini delle telecamere pubbliche di sorveglianza». Filmato che il pm ha consegnato al professor Cristian D’ovidio che dalle 18 di ieri ha eseguito l’autopsia fino a tarda ora, insieme ai quesiti sui quali il magistrato chiede di fare chiarezza, riservandosi di far avere al medico legale anche la copia del filmato che riprende le fasi di ingresso di Zappone nella camera di sicurezza della Questura. Lì dove il ragazzo, reduce dalla lite in strada e dalle scariche elettriche dei poliziotti che non riuscivano a calmarlo e a caricarlo in macchina, si è sentito male alla fine di quella mattinata da incubo, per morire poco dopo in ospedale.
Una vicenda su cui indaga la squadra Mobile, anche per capire cosa è avvenuto al giovane ancora prima di quella lite, iniziata intorno alle 9.20, e di tutto il pandemonio che ne è seguito nelle successive tre ore circa finite con la sua morte. Si parla di una ferita alla testa, dietro alla nuca. Riccardo se l’è procurata in quella caduta avvenuta durante la lite con il meccanico e gli altri due, oppure era già ferito? Da quanto emergerebbe dal suo stato, come ricostruisce il pm, aveva assunto sostanze, presumibilmente cocaina, e lo confermerebbero anche i suoi atteggiamenti descritti dal meccanico chemartedì mattina se lo trova nell’officina «completamente fuori di sé». Dunque, chi gliel’ha venduta e, nel caso, di che qualità era lo stupefacente? È possibile che la morte sia stata causata da quella droga? Oppure da cos’altro? Dalle due scariche elettriche “sparate” con i taser dagli agenti che, in quattro, non riuscivano a bloccarlo per farlo salire in macchina? Il pm non li nomina mai i taser che tantepolemiche hanno scatenato nelle ore successive alla tragedia di Riccardo, ma tra i quesiti che indica al medico legale perfare chiarezza sulla morte del giovane, chiede di accertare le cause della morte «stabilendo se esse debbano essere poste in relazione causale con eventi lesivi esterni, o con l’assunzione di stupefacenti. Indichi quanto altri ritenuto utile a fini di giustizia».
Da una prima ricostruzione, il giovane, in evidente stato di agitazione, si presenta all’officina all’inizio di strada Comunale Piana, dopo aver camminato su e giù, tra l’attività del meccanico e la clinica veterinaria che sta all’angolo di quella via che va dritta verso il quartiere San Donato. Non l’hanno mai visto lì, non lo conoscono. Ma il ragazzo dice cose, minaccia, alza la voce, dà fastidio ai clienti. Tra i presenti, oltre al meccanico che lo affronta a parole sin da subito, c’è anche il fratello del meccanico Paolo De Luca che, lui sembra di sì, di fronte all’atteggiamento aggressivo di quel giovane (anche nei confronti della moglie lì presente) gli avrebbe allungato due sberle. Va poco per il sottile De Luca, un passato nella rinnovata banda Battestini degli assalti ai portavalori e recenti furti ai caveau dei bancomat nel centro di Chieti (condannato in primo grado con l’Appello tra un mese). Ma Riccardo non lo sa chi ha davanti, Riccardo non sa forse neanche dove si trova. Sta male, è fuori di sé. Quel ragazzo figlio di buona famiglia , ma con problemi «psicotici», come ha raccontato al Centro il padre Andrea distrutto, è sporco di sangue sulle narici, ha una macchia di sangue ormai secco su una spalla e quella ferita dietro la testa, presumibilmente di qualche tempo prima. È in queste condizioni che piomba nell’officina a poche decine di metri dall’ex circolo tennis oggi ritrovo di tossicodipendenti e balordi. È da lì che veniva? È lì che ha consumato la droga? Il meccanico dice che sembrava impaurito, come se scappasse da qualcosa o da qualcuno. E alla fine, Riccardo è morto.
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