Rigopiano, la parola all’accusa: è il giorno della requisitoria del sostituto procuratore generale

17 Novembre 2025

Imputati sei dirigenti regionali. Riflettori sulla mancata realizzazione della Carta pericolo valanghe. Il processo entra nel vivo: previste altre cinque udienze tra il 20 novembre e il 4 dicembre

PESCARA. Riprende oggi, davanti ai giudici della Corte d'Appello di Perugia, l'appello bis sulla tragedia di Rigopiano, con i suoi 29 morti rimasti sotto le macerie dell'hotel spazzato via da una violentissima valanga il 18 gennaio del 2017. Siamo alla seconda udienza, ma in effetti è come se fosse la prima visto che solo oggi si entrerà nel vivo del processo con la requisitoria del sostituto procuratore generale Paolo Barlucchi. Il 10 novembre scorso c'è stata soltanto l'apertura del processo con la relazione del giudice a latere, Carla Giangamboni, che ha ricostruito a grandi linee i fatti, mettendo ovviamente anche in rilievo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nei motivi della sentenza con la quale venne annullata la decisione di secondo grado della Corte aquilana, rinviando appunto tutto ad un nuovo processo da tenersi a Perugia.

Però con una grossa novità: l'inserimento fra gli imputati di sei personaggi che nei primi due gradi di giudizio erano stati assolti, legati alla Carta valanghe realizzata soltanto dopo la tragedia. Parliamo di dirigenti e funzionari della Regione Abruzzo che ebbero a che fare con la Protezione civile e che adesso dovranno fronteggiare un'accusa di disastro colposo: unico reato rimasto ancora in vita dopo che l'omicidio colposo plurimo è caduto in prescrizione, favorendo i quattro imputati ancora rimasti a processo e cioè i due della Provincia, Paolo D'Incecco (dirigente poi passato alla Regione) e Mauro Di Blasio (funzionario all'epoca dei fatti responsabile della viabilità), insieme al sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e al tecnico dello stesso Comune, Enrico Colangeli, le cui condanne sono state annullate dalla Cassazione che confermò soltanto quelle dell'ex Prefetto di Pescara, Francesco Provolo, e del suo vice, Leonardo Bianco, ma soltanto per il reato di falso (confermate anche le condanne corollario del gestore della struttura, Bruno Di Tommaso e del tecnico Giuseppe Gatto, in relazione ad un piccolo abuso edilizio di una tettoia).

Quindi, vista la prescrizione che chiama fuori D'Incecco, Di Blasio, Lacchetta e Colangeli, il processo finisce per incentrarsi tutto soltanto sulle posizioni dei regionali: Carlo Giovani, Carlo Visca, Emidio Primavera, Vincenzo Antenucci, Sabatino Belmaggio e Pierluigi Caputi. È logico che la Corte di Cassazione li ha riportati "in vita", processualmente parlando, in quanto legati, a vario titolo, al servizio di Protezione civile che gli ermellini hanno deciso di rimettere in primo piano. Ma adesso la Corte di Perugia sarà chiamata a valutare ogni singola posizione proprio perché le eventuali responsabilità (qualora ce ne fossero) certamente dovranno essere gradate.

E con i sei regionali imputati, torna al centro di questa complessa vicenda giudiziaria quello strumento tecnico che avrebbe dovuto prevenire eventuali valanghe e invece si perse negli anni: la questione più contrastata di tutto il processo, sin dalle battute iniziali relative al primo grado di giudizio di Pescara dove tutti e 30 gli iniziali imputati scelsero la strada del rito abbreviato davanti al giudice Gianluca Sarandrea che definì il processo con 5 condanne e 25 assoluzioni (e cioè il 23 febbraio del 2023). Il secondo grado arriva invece il 14 febbraio del 2024 con i giudici della Corte d'Appello dell'Aquila che fanno salire a 8 il numero dei condannati, inserendo fra questi anche l'ex Prefetto Provolo, figura molto contestata dai familiari delle vittime. E infine il 3 dicembre 2024 arriva la sentenza della Cassazione che, se vogliamo, stravolge tutto il percorso processuale, rimettendo in pista quel disastro colposo per il quale i magistrati pescaresi si erano sempre battuti sia in primo sia in secondo grado (la pubblica accusa a Pescara e all'Aquila venne sostenuta sempre da Andrea Papalia e Anna Benigni, con l'aggiunta del procuratore Giuseppe Bellelli in primo grado).

Al centro del processo torna dunque la mancata realizzazione della Carta pericolo valanghe. Se ci fosse stata, questo ha sentenziato in sostanza la Corte di Cassazione, l'hotel non sarebbe mai stato ampliato, oppure sarebbe stato chiuso d'inverno o la montagna sarebbe stata messa in sicurezza con adeguate paratie per frenare un’eventuale valanga. Una Carta mai nata che la Regione, stando agli ermellini, avrebbe dovuto realizzare in base alla norma del 1992: quindi circa 25 anni prima, normativa che è sempre rimasta vigente. Quindi oggi si entra nel vivo della discussione, con la pubblica accusa che dovrà spiegare il perché delle eventuali responsabilità dei regionali imputati. Poi inizieranno gli interventi delle 38 parti civili costituite: ai familiari delle vittime e dei superstiti si aggiungono il ministero della Giustizia, Regione Abruzzo, Comune di Farindola, Provincia di Pescara, Acu Abruzzo, Inail, Anmil, Codacons e Associazione Cittadinanza Attiva. Il calendario stilato dalla Corte perugina prevede altre 5 udienze fissate per il 20, 24 e 27 novembre e 1° e 4 dicembre.

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