Risarcimenti per il mare sporco:  gli stabilimenti perdono la causa 

I balneatori avevano citato in giudizio il Comune per i danni causati da uno sversamento nel 2015 Ma adesso sono stati condannati a saldare le spese processuali che superano i 100mila euro

PESCARA. La vicenda dello sversamento dei liquami in mare avvenuto nell’estate del 2015 si arricchisce di un altro capitolo. Dopo le inchieste giudiziarie e le assoluzioni per gli ex amministratori comunali, adesso sono arrivate al traguardo anche le prime tre cause intentate dagli stabilimenti per richiedere al Comune i risarcimenti danni causati dal mare inquinato. Ebbene, tutte le richieste sono state respinte dal tribunale di Pescara, ma quello che potrebbe sembrare una beffa del destino è il fatto che i balneatori sono stati condannati a pagare le spese di giudizio che ammontano a più di 100mila euro. Ora tutti gli altri stabilimenti che erano in attesa di conoscere l’esito di queste cause per far partire le richieste di risarcimenti saranno costretti a rinunciarci.
Stiamo parlando di una vicenda scoppiata il 29 luglio 2015, quando una condotta fognaria, a seguito di un crollo, sversò in mare 161 milioni di metri cubi di liquami inquinando mezza costa nord. Ma solo il 3 agosto l’amministrazione comunale di allora, pur essendo a conoscenza da qualche giorno dei risultati delle analisi, fece scattare i divieti di balneazione. Per quel ritardo nell’emanare l’ordinanza scattò un’inchiesta della procura in cui risultarono indagati, tra gli altri, l’ex sindaco Marco Alessandrini e l’ex vice Enzo Del Vecchio, poi assolti in giudizio dall’accusa di omissione di atti d’ufficio.
Ma la storia non finì qui, perché nel frattempo arrivarono le richieste di risarcimento al tribunale di Pescara di alcuni stabilimenti che subirono danni, a causa del mare inquinato, con la perdita della clientela e con minori incassi nelle stagioni balneari 2015 e 2016. I titolari dei lidi presentarono richieste, ciascuno, di oltre 80mila euro al Comune, patrocinato dall’avvocato Marco De Flaviis dell’Avvocatura dell’ente.
In particolare, i concessionari degli stabilimenti lamentarono che la responsabilità del Comune per l’inquinamento marino fosse riconducibile sia alla proprietà, custodia e inidonea gestione del depuratore fognario che, in caso di forti piogge sversava i liquami al mare (non riuscendo a smaltirli nel fiume), sia in relazione agli sversamenti avvenuti in occasione degli eventi accidentali del 2015. Il Comune chiamò in causa Anas e Aca e, in via cautelativa, anche la propria assicurazione e i progettisti esterni della linea fognaria.
Ma il tribunale ha rigettato le domande dei concessionari, ritenendo che gli sversamenti dei liquami non fossero da soli idonei ad aggravare il già persistente inquinamento del mare fino al punto da compromettere la stagione balneare di allora. I giudici hanno comunque escluso che le cause dell’inquinamento fossero riconducibili alla sfera di responsabilità del Comune. Così i concessionari, oltre a non ottenere alcun risarcimento, sono stati condannati a pagare le spese legali all’ente e a ciascuna delle altre 11 parti in causa, per un importo ciascuno che supera i 100mila euro.
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