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Scrittrice aquilana in Senato «Nelle carceri si muore»

AQUILA. «Il carcere è lo squallore della società in cui viviamo, il marcio che nessuno vorrebbe vedere ma che esiste», così nel 2006 scriveva un carcerato nel blog dei detenuti della carcere di...

AQUILA. «Il carcere è lo squallore della società in cui viviamo, il marcio che nessuno vorrebbe vedere ma che esiste», così nel 2006 scriveva un carcerato nel blog dei detenuti della carcere di Torino. Nell’inferno dietro le sbarre, molti chiudono per sempre la propria vita, spesso per cause ignote.

Nei primi due mesi del 2012 nelle carceri italiane sono morti 21 detenuti, 8 per suicidio, gli altri per cause da accertare (dati “Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia” della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica). Dalle morti ignote prende le mosse il libro inchiesta “La Pena di morte italiana. Violenza e crimini senza colpevoli nel buio delle carceri” (Rizzoli) di Samanta Di Persio, giovane scrittrice aquilana. Il libro mercoledì prossimo, 27 giugno, sarà presentato al Senato; interveranno la senatrice Donatella Poretti, Irene Testa presidente dell'associazione "Il detenuto ignoto", don Marco Di Benedetto prete-volontario del carcere di Rebibbia e Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi morto dopo l'arresto. A moderare l’incontro Flavia Fratello giornalista La7. Il libro della Di Persio prende le mosse dal caso dell’avezzanese Niki Aprile Gatti, 26 anni, incensurato, che il 24 giugno 2008 viene ritrovato morto nella sua cella del carcere di Rimini. Cinque giorni prima Niki era stato arrestato per presunta frode informatica. «La madre» spiega la scrittrice «ha sempre sostenuto, con prove documentate, che il ragazzo è stato ammazzato. La giustizia italiana ha archiviato la morte come suicidio e la vicenda di Niki è stata ignorata dall’opinione pubblica». Solo Beppe Grillo diede spazio a quel caso ed è proprio lui a firmare la prefazione del libro: «Questo libro è un coro dolente di voci che ci racconta di gironi infernali dove la pena di morte è inflitta senza sentenza, senza colpe, senza testimoni e soprattutto senza colpevoli». Nel libro sono presenti anche casi emblematici come Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi, morti in circostanze oscure dopo il fermo delle forze dell’ordine. Grazie allo sforzo delle famiglie le loro tragedie sono arrivate in tribunale. «Con il mio libro ho tentato di dare voce a drammatiche vicende che non dovrebbero accadere in un Paese civile e democratico» commenta la Di Persio «arrivare al Senato, dopo la giornata mondiale contro la tortura, è un'occasione per ricordare quanto accade in Italia. In Italia abbiamo pene lievi per chi uccide detenuti in carcere, se invece fosse introdotto il reato di tortura, quando si arriva a sentenza, le pene potrebbero essere più severe».

Barbara Bologna

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