Scrive su Google che il bar non lo paga «Non è un’offesa»

30 Settembre 2024

Scontro legale dopo una recensione sullo stipendio arretrato Il datore di lavoro chiede i danni, ma il giudice gli dà torto

PESCARA. «Chiunque volesse andare a lavorare o a sorseggiare un caffè come cliente dovrebbe sapere il trattamento che riserva ai dipendenti». Questa la recensione di una pasticceria nel centro di Pescara affidata alla pagina Google My Business. A postarla, un ex dipendente dell’attività che non aveva ricevuto l’ultimo stipendio. «Ad oggi, 5 aprile 2022, sono ancora in attesa di ricevere la retribuzione di gennaio, nonostante ripetuti solleciti», racconta la recensione, «trovo inaccettabile questo atteggiamento, assolutamente non adeguato a una pasticceria situata nel pieno centro di Pescara e che vanta (anche tramite pubblicità) premi ricevuti in Italia e all’estero».
Quel commento, scritto da Andrea Paci in punta di tastiera, è finito al centro di uno scontro giudiziario: il datore di lavoro, un maestro pasticciere, gli ha chiesto 26mila euro di danni di immagine da diffamazione. Ma la giudice Patrizia Medica ha deciso che la recensione di Paci non è offensiva: «Il tenore delle recensioni», recita la sentenza, «rispetta tutti i requisiti del diritto di critica, tra cui rientrano la forma civile nell’esposizione, la rispondenza dei fatti a un sostrato di verità e l’utilità sociale dell’informazione». E allora, il datore di lavoro è stato condannato a pagare: deve risarcire 8.123,20 di spese legali, più il 15% per Iva e Cap.
La sentenza di 7 pagine ha accertato la mancanza di legittimazione attiva ad agire in giudizio del titolare del locale: «Le recensioni si riferiscono ad attività svolte in un pubblico esercizio e il diritto di critica, che si esercita nei confronti di un servizio offerto indiscriminatamente al pubblico, come è stato affermato in giurisprudenza, “dilata i suoi confini”, si espande».
«Le mie recensioni sono assolutamente legittime», commenta Paci, «e questa sentenza è un’ottima notizia per tutto il settore della ristorazione: spesso sentiamo storie di dipendenti che scappano perché non vengono pagati, di aziende che chiudono da un momento all’altro, e forse anche per questo motivo, negli ultimi anni, da parte dei datori di lavoro del settore c’è una continua lamentela sul punto. Spero, con questa battaglia, di poter infondere coraggio anche ad altri lavoratori, nell’ottica di migliorare la condizione di quello che è stato per anni il mio settore di lavoro».
Ma la battaglia legale di Paci, assistito dall’avvocato Marina Prosperi, non è ancora finita: la giudice delle esecuzioni Franca Di Felice gli ha riconosciuto le somme mancanti dello stipendio. «Ma il primo tentativo di pignoramento è andato fallito perché il conto corrente aziendale era a zero», spiega, «mi mancano ancora all’incirca 500 euro e la società, nonostante la diffida della mia legale, non ha ancora provveduto al pagamento. Per questo motivo, mi vedo costretto a ricorrere nuovamente a un pignoramento del conto corrente aziendale, nella speranza di trovare tutti i soldi che l’azienda mi deve. Non credo sia giusto tutto questo, per me e per gli altri ex colleghi che stanno penando per avere i soldi che l’azienda gli deve per le ultime buste paga e i tfr».