SE L’EDISON «APRE» SU BUSSI

 

La bonifica del sito più inquinato d’Abruzzo, in quel di Bussi, non può ridursi a un’interminabile guerra di carte bollate. Una settimana fa il Tar di Pescara ha segnato un punto a favore del ministero dell’Ambiente (e della Solvay) e assestato un colpo alla Edison, condannandola a mettere in atto il risanamento per quanto combinato nel secolo scorso dalle varie Montecatini, Montedison & c. Ma il confronto giudiziario è lungi dall’essere terminato: alle porte ci sono nuovi ricorsi, questa volta al Consiglio di Stato, e nel frattempo i veleni se ne stanno lì, sepolti nel terreno fino a sette metri e mezzo di profondità.

Ieri questo giornale ha registrato una novità importante: da Milano l’Edison, che finora aveva parlato solo con atti processuali dei suoi legali, ha fatto sapere di essere disponibile a contribuire in modo importante alla bonifica, a patto di non essere la sola a portare questa croce, sul modello di quant’è accaduto a Marghera. Tradotto in italiano, significa che chiede al pubblico e alla Solvay, la multinazionale subentrata nella proprietà di Bussi, di partecipare al salasso.

L’Edison, che fa capo al colosso pubblico francese EdF, ha una sua reputazione da tutelare, anche perché in Abruzzo ha numerosi investimenti nella produzione di energia, in terra e in mare e per Bussi ha accantonato una bella somma. E bisogna capire adesso se c’è qualcuno (il ministro dell’Ambiente?) in grado di mettere tutti d’accordo prima che i tribunali dicano la parola fine, ma la Solvay si è sempre chiamata fuori. Sarebbe un passo di straordinaria importanza, sia sul piano simbolico, per la chiusura di una ferita così annosa, sia sul piano sostanziale, anche per i posti di lavoro creati dalle operazioni di bonifica. Volesse il cielo...

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