SE NON SI BADA A SPESE PER RISPARMIARE

17 Febbraio 2013

Qualche anno fa incontrai per caso un conoscente che ricopriva un ruolo molto prestigioso in un grande gruppo automobilistico tedesco. Avevo appena letto sui giornali che si era dimesso e gli chiesi che cos’era successo: «Semplice, me ne sono andato quando ho capito che non si badava a spese per risparmiare», mi rispose.

Ho ripensato a quelle parole mentre partecipavo a uno dei tanti dibattiti di questa interminabile campagna elettorale. Ai candidati, pezzi grossi locali di tre dei maggiori partiti, un gruppo di imprenditori, piuttosto aggressivo, chiedeva conto delle magagne della pubblica amministrazione e il tasto dolente era, come sempre, quello del costo insostenibile della macchina pubblica. In sala riecheggiavano parole come “fannulloni”, “irresponsabili” e altri termini che, purtroppo,fanno parte di un repertorio giustificato dai tanti casi di scandaloso menefreghismo di cui le cronache si sono occupate negli ultimi anni.

Ma mi è venuto da chiedermi se in realtà non stiamo scambiando ’uno’ dei problemi, per quanto enorme, con ’il vero’ problema dell’Italia. Ovvero se, nell’impeto sacrosanto di tagliare, non rischiamo di impoverire ulteriormente la qualità del servizio che la pubblica amministrazione ci dovrebbe offrire e che sarebbe ancora più prezioso in tempi di crisi. Faccio un paio di esempi per farmi capire meglio:

1) il vero scandalo dei nostri tribunali non è il loro costo, ma il fatto che se ho un’azienda e un mio cliente non mi paga, impiego quattro o cinque anni per avere una sentenza che riconosca il mio diritto.

2) Oppure: se le Asl hanno macchine amministrative pletoriche, la vergogna intollerabile è che in Abruzzo impieghino in media 194 giorni per saldare una fattura, dato che peraltro è persino tra i migliori in Italia.

Personalmente non mi scandalizzerei se la Sanità pubblica continuasse ad avere i costi che ha oggi, senza ulteriori tagli, se tutto questo avvenisse con un miglioramento costante delle cure e del servizio offerti. In sostanza: l’Italia non ha bisogno di smantellare tutto quel che è pubblico, ha la necessità di farlo funzionare meglio: che i centri per l’impiego servano a trovare il lavoro, che chi vuole aprire un’attività abbia risposte in tempi brevi, che le sentenze arrivino prima del trapasso delle persone coinvolte, che le fatture vengano saldate prima che i fornitori abbiano dovuto dichiarare fallimento... E’ il vecchio sogno di un Paese normale, in cui la cosa pubblica fa da sponda a chi si impegna, in buona fede, invece di mettere i bastoni tra le ruote com’è accaduto finora. Su questo vorrei sentire il parere di chi nel pubblico lavora con un misto di passione (sempre meno) e di disperazione (sempre di più). La mia mail è direttore@ilcentro.it. Coraggio. E buona domenica, a tutti.