Si fa mandare foto intime dai tredicenni: allenatore arrestato per violenza sessuale

24 Ottobre 2025

Tra le 16 vittime c’è un ragazzino del Chietino, contattato dal coach che si spacciava per una coetanea di nome Marta. Il giudice: «Ha approfittato della sua posizione con una spiccata capacità di manipolazione». E spuntano i video choc

CHIETI. «Voglio sapere come stai». Un messaggio apparentemente innocuo, quasi premuroso, inviato da «Marta», una ragazza conosciuta online. Ma, per il 14enne che lo riceve, quel messaggio è un cortocircuito. Poche ore prima, infatti, il ragazzino aveva confidato di avere un piccolo infortunio a una sola persona: il suo allenatore di basket. E il coach, in risposta, gli aveva mandato una battuta: «Non uscire con la ragazza almeno oggi».

Come poteva «Marta», una sconosciuta virtuale, sapere del suo malessere? Quel sospetto, quella connessione impossibile tra la chat con l’allenatore e quella con la sedicente coetanea, una volta confidato al padre, ha fatto scattare l’allarme. Ha innescato un’indagine dei carabinieri che, da un paese della provincia bresciana, ha esteso i suoi fili fino all’Abruzzo. È qui, nella provincia di Chieti, che vive una delle vittime accertate: un ragazzino di soli 13 anni.

Anche lui, come gli altri, è caduto nella trappola di «Marta». La conversazione virtuale con il 13enne abruzzese è iniziata il 18 agosto 2024. Seguendo un copione ormai consolidato, l’uomo dietro il falso profilo ha finto di essere un’adolescente, ha carpito la fiducia del ragazzino e, in meno di due settimane, lo ha indotto a inviargli una fotografia sessualmente esplicita. Il 13enne è stato poi sentito dai carabinieri, ammettendo di essere stato lui a utilizzare l’utenza telefonica con cui era avvenuta la conversazione.

L’uomo dietro entrambi i messaggi, secondo la procura di Brescia, era lo stesso. Il giudice per le indagini preliminari (gip) Alessandro d’Altilia ha disposto gli arresti domiciliari per un 29enne, allenatore di pallacanestro prima nel settore giovanile e, fino al momento delle manette scattate nelle scorse ore, in una squadra «senior». Le accuse contestate sono gravissime e numerose: violenza sessuale aggravata dall’età delle vittime, pornografia minorile (produzione e induzione), adescamento di minori e sostituzione di persona.

L’inchiesta, condotta dai carabinieri della compagnia di Chiari, ha identificato almeno 16 vittime. Sono tutti ragazzi di età compresa tra i 13 e i 16 anni. Un elenco di contatti che tocca le province di Brescia, Bergamo, Milano, Napoli e, appunto, Chieti. Il modus operandi, secondo il giudice, era meticoloso e seriale. L’indagato utilizzava un’utenza mobile dedicata per creare la sua identità fittizia: «Marta Surini». Per rendere credibile l’inganno, usava foto e video espliciti rubati a una donna reale, una 29enne residente nel Veneziano, risultata totalmente estranea ai fatti e a sua volta vittima. La donna, infatti, ha subìto l’hackeraggio del proprio profilo social, da cui l’indagato ha sottratto il materiale poi utilizzato come esca.

Una volta stabilito il contatto, la prima mossa era accertarsi dell’età. «Te di che anno sei?», chiedeva a uno dei ragazzi. Ottenuta la conferma della minore età, «Marta» inviava le immagini rubate per avviare l’adescamento. Le richieste diventavano sempre più esplicite, come emerge dai messaggi citati negli atti: «Ma abbassa bn i pantaloni e alza la maglia plz se no non si vede nulla».

L’obiettivo era ottenere foto dei genitali, video o convincerli ad atti di autoerotismo durante le videochiamate. Per vincere le resistenze dei ragazzi, la falsa «Marta» sfoderava ogni tecnica di manipolazione. In un caso, ha cercato di adescare un 14enne con frasi come: «Però mi piaci, davvero, lo giuro su mia mamma... Ti chiedo solo di darmi una possibilità, conosciamoci». La pressione psicologica era costante, finalizzata a ottenere materiale pornografico e a indurre i minori a compiere atti sessuali in diretta.

Il ruolo di allenatore, per il gip, è un’aggravante chiave, ma non l’unico strumento di caccia. L’indagine ha svelato un doppio binario per l’aggancio delle vittime. Alcuni erano legati al mondo del basket: un ragazzo sentito dagli inquirenti ha riferito di conoscere il 29enne come suo «ex allenatore». Altri, come un giovane di Bergamo e uno della provincia di Milano, hanno raccontato di essere stati contattati da «Marta» o direttamente dall’allenatore «alla fine di una partita di basket» disputata contro la sua squadra.

In un caso, un ragazzo della provincia di Milano ha messo a verbale che era stato l’allenatore stesso, dopo una partita, a contattarlo su un social network e a fornirgli il numero di telefono della fantomatica ragazza. Ma, per altre vittime, il contatto era puramente digitale o avveniva tramite passaparola. Due compagni di classe, ad esempio, hanno ammesso di essersi scambiati il numero di «Marta» innescando una catena di contatti.

L’abuso del ruolo sportivo, però, non si è fermato all’adescamento. L’analisi dei dispositivi sequestrati all’indagato ha rivelato, secondo l’accusa, la produzione diretta di materiale pedopornografico. I carabinieri hanno scoperto un video, datato 3 marzo 2023, che l’allenatore ha girato all’interno di uno spogliatoio. Nelle immagini, l’uomo si aggirava tra i suoi allievi con la scusa di invitarli a sbrigarsi, riprendendoli nudi mentre facevano la doccia. In un riflesso sullo specchio, si vede lo stesso coach intento a filmare con il proprio smartphone.

In un altro filmato, recuperato dai militari dell’Arma, il cellulare era stato posizionato di nascosto, occultato da un asciugamano, all’interno di un bagno per riprendere un minore. Alcuni dei ragazzi sentiti, convocati dagli investigatori, hanno riconosciuto quegli ambienti come gli spogliatoi di una palestra, confermando così il contesto in cui i video sono stati realizzati.

Nel disporre i domiciliari, il gip cristallizza il profilo dell’indagato: sottolinea la «sistematicità» delle condotte, la «particolare facilità e astuzia» nel tessere l’inganno e le «modalità seriali» dell’adescamento. Un quadro che, unito alla «spiccata capacità di manipolazione», disegna un pericolo «concreto e attuale» di reiterazione dei reati.

Un rischio aggravato da un fatto decisivo: l’uomo, scrive il giudice, «svolge ancora il ruolo di allenatore», sebbene in una squadra «senior». Per questo, per neutralizzare la sua rete e impedirgli di «approfittare» ancora della sua posizione, è stato imposto al 29enne il divieto assoluto «di comunicare in alcun modo», telefonicamente o telematicamente, con chiunque non sia un suo familiare convivente. «L’eventuale, anche lieve, violazione di questo precetto», avverte il giudice, «determinerà, inevitabilmente, l’aggravamento della misura cautelare con quella in carcere».

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