Tangenti, il tesoro resta nascosto

Solo una piccola parte dei beni sequestrati è frutto di concussioni

PESCARA. Vincenzo Angelini dice di aver pagato e pagato, un fiume di soldi. Nel suo racconto ai magistrati, il re delle cliniche aveva fornito i dettagli: cifre, date. Di quel denaro, però, nonostante conti rivoltati e controlli all’estero sarebbe stata ritrovata solo una piccola parte.

Dove sono finite le presunte tangenti? Dei 15 milioni di euro che l’imprenditore avrebbe versato ai politici, quasi 12 milioni, secondo le accuse della procura, sarebbero finiti nelle tasche dei quattro indagati eccellenti che, giovedì mattina, hanno visto case, denaro, auto e orologi finire nell’elenco del decreto di sequestro preventivo firmato dal gip Maria Michela Di Fine. Ma se con il provvedimento sono stati messi sotto chiave beni per oltre 10 milioni di euro, le proprietà che secondo il giudice possono essere considerate «provento delle concussioni» sono solo tre: la Porsche Cayenne dell’ex manager della Asl di Chieti Luigi Conga, che venne pagata 124.700 euro e intestata, per l’accusa in modo fittizio, a un parente; i soldi che furono scoperti a bordo della vettura, nel giorno degli arresti, il 14 luglio, 113.400 euro; infine, il denaro contante usato dall’ex segretario della presidenza della giunta regionale Lamberto Quarta per pagare parte del prezzo dovuto per l’acquisto di una villa da 380 mila euro a Francavilla: una somma di 114.250 euro che, scrive il gip, «non risulta prelevata dal conto corrente, costituendo dunque ulteriore provvista di provenienza non giustificata». Ulteriore, sottolinea, perché anche sul conto corrente dell’indagato, nel periodo tra marzo 2006 e dicembre 2007 ci sarebbe stata «liquidità non giustificata rispetto ai redditi».

Sommando, quindi, si arriva a una cifra di 352.350 euro, a cui andrebbe aggiunto quel milione e 800 mila euro che sarebbe transitato sul conto di Conga. Poco più di due milioni di euro ritrovati rispetto a presunte tangenti di circa 12 milioni: 6.250.000 euro all’ex manager Asl e 5.540.000 euro all’ex governatore Ottaviano Del Turco, al suo ex braccio destro Quarta e all’ex capogruppo del Pd Camillo Cesarone. Il resto? Svanito. Forse, pensano in procura, occultato abilmente su conti esteri in paradisi fiscali.

Per il gip, però, la sparizione del «bottino» delle tangenti non modifica il quadro accusatorio disegnato dal pool guidato dal procuratore capo Nicola Trifuoggi con i pm Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio, dal momento che la legge consente il sequestro «non solo riguardo al prezzo del reato, ma altresì al “profitto”, inteso quale utile ottenuto in seguito alla commissione del reato».

Davanti al provvedimento, l’unico ad annunciare il ricorso al tribunale del riesame, nei prossimi giorni, è Luigi Conga, rappresentato da Barbara D’Angelosante, che già ieri ha depositato al gip una istanza per ottenere l’uso di uno degli appartamenti sequestrati, dove l’ex manager Asl risiede in estate e che, secondo quando disposto dal decreto, dovrà lasciare entro la prossima settimana. «Certamente l’uso dei beni poteva essere lasciato: mi pare una sazione prematura, visto che per quelle del merito dobbiamo ancora attendere» ha detto l’avvocato.

Non sembra invece intenzionato a fare alcun passo la difesa di Ottaviano Del Turco e di Lamberto Quarta, rappresentata dall’avvocato Giuliano Milia, così come l’avvocato Marco Femminella, difensore di Camillo Cesarone: «Per il mio cliente l’appartamento sequestrato è quello dove abita, non ha ville né tenimenti. Nessuna istanza: è sicuro della propria innocenza, quindi sa che i beni torneranno nella sua disponibilità».