Telecamera nel bagno delle donne in caserma, carabiniere forestale sotto accusa

Installa un dispositivo Go-Pro nella toilette, adesso la Procura ne chiede il processo. È indagato per interferenze illecite nella vita privata: distrutta la memoria dopo la scoperta
PESCARA. «Interferenze illecite nella vita privata» è un reato del Codice penale che difficilmente si incontra, ma che la procura di Pescara, e in particolare il pm Fabiana Rapino, ha rispolverato per chiedere il processo a carico di un carabiniere forestale “guardone”, che era arrivato a sistemare una telecamera nel bagno delle sue colleghe. Un fatto gravissimo che ha lasciato senza parole tutto il reparto in cui lavora questo sottufficiale che attualmente si trova nell’ospedale militare: forse una soluzione momentanea prima di decidere il suo destino in base a quanto stabilirà il gup e, con molta probabilità, in base a quanto sentenzierà il tribunale militare che dovrebbe essere già stato informato.
Ma queste questioni tecniche non sono nulla rispetto allo stupore e all’angoscia che avrà provato quella collega che ha scoperto la telecamera. Alzare lo sguardo, mentre ci si trova in bagno, pensando che nessuno in quel luogo possa violare quella intimità e notare invece quello strano attrezzo posizionato su di uno scaffale, senza capire bene di cosa si tratti, è già di per sé inquietante. Ma la sorpresa e lo sconcerto arrivano poco dopo quando la collega, prima di portare quell’aggeggio al comandante, si rivolge ad un collega, ritenuto esperto di informatica e di accessori del genere, che gli spiega che si tratta di una minuscola telecamera.
Ma non finisce qui perché la sorpresa più grande per quella ignara carabiniera è giunta qualche giorno fa quando gli uomini del Nipaaf che hanno condotto le indagini, le hanno notificato (a lei e ad una sua collega che nel frattempo aveva sporto denuncia) la richiesta di rinvio a giudizio a carico del collega ritenuto responsabile: lo stesso collega al quale la carabiniera aveva sottoposto quell'oggetto per capire di cosa si trattasse. E stando a quanto contestato dalla procura, sarebbe stato proprio in quel frangente che l’imputato avrebbe agito con rapidità e destrezza, facendo sparire la sim che si trovava nella microtelecamera. E infatti il pm Rapino gli contesta anche il fatto che «immutava artificiosamente il corpo del reato, mediante distruzione ed occultamento della scheda di memoria ivi contenuta».
Non solo, ma la terza contestazione riguarda il reato di falso in quanto l’imputato, successivamente, «redigeva la relazione di servizio de 25 maggio 2024 nella quale attestava falsamente e contrariamente invece a quanto emerso, che la Go-Pro (la telecamera, ndr) dallo stesso maneggiata, «non era dotata di scheda di memoria». Nel capo di imputazione principale, quello relativo alle interferenze illecite nella vita privata, la procura scrive che l’imputato, «mediante l’installazione di una Go-Pro all’interno del bagno delle donne nella caserma, funzionante, con l’obiettivo in direzione dei sanitari e rinvenuta accesa, fissata con nastro adesivo sulla parte inferiore dell’armadietto, si procurava indebitamente immagini attinenti alla vita privata delle colleghe e segnatamente immagini intime».
La prima giustificazione che l’imputato fornì al suo superiore fu quella di ammettere che quella telecamera fosse la sua e che l’aveva portata in caserma per effettuare delle riprese istituzionali e di averla poggiata sulla scrivania. Solo dopo si sarebbe accorto che era sparita. Ma successivamente, allo stesso superiore che stilò una relazione al comando, confessò di aver sottratto la scheda sim dalla telecamera quando la collega che l’aveva scoperta gliela mostrò per sapere di cosa si trattasse. Nel corso della perquisizione eseguita a casa sua e nel suo ufficio, i colleghi carabinieri forestali rintracciarono dei file utili alle indagini, forse scaricati da internet, ma sicuramente non video registrati all’interno della caserma.
@RIPRODUZIONE RISERVATA