Tre gol per il trionfo biancazzurro

dall'inviato Walter Nerone
Immobile e doppietta di Caprari, la Samp regge solo mezz'ora
Immobile e doppietta di Caprari, la Samp regge solo mezz'ora
GENOVA. Apoteosi biancazzurra. 19 anni dopo, il Delfino torna in serie A. E ci torna nel modo che gli è più congeniale: vincendo e dando spettacolo in ogni angolo d'Italia, realizzando montagne di gol (89 e non è finita). Per questo, se palcoscenico lontano da casa doveva esserci per il trionfo, è giusto che sia stato Marassi, lo stadio e l'avversario più prestigiosi del campionato (col Torino, anche lui da ieri in A).
Lo meritano i biancazzurri per i quali ormai ogni aggettivo pare inadeguato, anche il più esagerato; lo merita Zdnek Zeman, che sul terzo gol non è più riuscito a nascondere la commozione, un allenatore che qualche volta si può magari non condividere ma che è impossibile non ammirare, apprezzare, applaudire per coerenza e competenza, onestà, trasparenza e serietà. Un "anomalo" in un mondo di frivolezze e iprocrisie, che le soddisfazioni se le prende nell'unico modo e nell'unico posto che contano per lui: sul campo, giocando.
Lo merita la società, che in quattro stagioni e neppure quattro anni di vita ha collezionato due promozioni e soprattutto una serie di riconoscimenti per lungimiranza e concretezza, coraggio e correttezza.
Un trionfo che è anche del pubblico, ormai tornato a invadere strade e stadi con il suo ineguagliabile entusiasmo, il colore e il calore che gli sono propri. E bello sarebbe che la prossima stagione servisse per ampolkiare e migliorare un patrimonio di rapporti amichevoli e gemellaggi che più di ogni altra cosa si sposano con la filosofia del calcio cara a Zeman.
Trionfo storico, dunque, sul campo della Sampdoria. Un trionfo atteso, in parte annunciato ma tutt'altro che scontato. Nonostante certi calcoli su play off e posizioni da evitare, la Samp è entrata in campo per cercare di far sua la partita. Iachini si era limitato a risparmiare Eder, non al meglio, per le prossime fatiche, ma ha messo dentro tutti i migliori, con Foggia rifinitore dietro le due punte spesso dirittato sulle piste di Verratti. Ma il progetto doriano è durato meno di mezzora.
Cioè il tempo necessario a Verratti per inventare l'azione del primo gol di Caprari (formidabile il ragazzo) - nell'occasione Mancini in tribuna ha avuto un'espressione con i suoi vicini traducibile in «che roba ragazzi!» - e Immobile per confermarsi ineguagliabile rapace d'area di rigore ai danni di uno stupefatto Romero.
Tutto il resto, compreso il rigore fallito dalla Samp, è stato solo degno corollario alla festa finale, tra abbracci e lacrime di gioia, canti e spogliarelli a cielo aperto. Con la squadra impazzita di gioia che quasi non voleva uscire dal campo, acclamata dai tifosi sugli spalti, ben oltre i mille annunciati, quasi che temessero di svegliarsi da un sogno meraviglioso. Che si chiama serie A.
Lo meritano i biancazzurri per i quali ormai ogni aggettivo pare inadeguato, anche il più esagerato; lo merita Zdnek Zeman, che sul terzo gol non è più riuscito a nascondere la commozione, un allenatore che qualche volta si può magari non condividere ma che è impossibile non ammirare, apprezzare, applaudire per coerenza e competenza, onestà, trasparenza e serietà. Un "anomalo" in un mondo di frivolezze e iprocrisie, che le soddisfazioni se le prende nell'unico modo e nell'unico posto che contano per lui: sul campo, giocando.
Lo merita la società, che in quattro stagioni e neppure quattro anni di vita ha collezionato due promozioni e soprattutto una serie di riconoscimenti per lungimiranza e concretezza, coraggio e correttezza.
Un trionfo che è anche del pubblico, ormai tornato a invadere strade e stadi con il suo ineguagliabile entusiasmo, il colore e il calore che gli sono propri. E bello sarebbe che la prossima stagione servisse per ampolkiare e migliorare un patrimonio di rapporti amichevoli e gemellaggi che più di ogni altra cosa si sposano con la filosofia del calcio cara a Zeman.
Trionfo storico, dunque, sul campo della Sampdoria. Un trionfo atteso, in parte annunciato ma tutt'altro che scontato. Nonostante certi calcoli su play off e posizioni da evitare, la Samp è entrata in campo per cercare di far sua la partita. Iachini si era limitato a risparmiare Eder, non al meglio, per le prossime fatiche, ma ha messo dentro tutti i migliori, con Foggia rifinitore dietro le due punte spesso dirittato sulle piste di Verratti. Ma il progetto doriano è durato meno di mezzora.
Cioè il tempo necessario a Verratti per inventare l'azione del primo gol di Caprari (formidabile il ragazzo) - nell'occasione Mancini in tribuna ha avuto un'espressione con i suoi vicini traducibile in «che roba ragazzi!» - e Immobile per confermarsi ineguagliabile rapace d'area di rigore ai danni di uno stupefatto Romero.
Tutto il resto, compreso il rigore fallito dalla Samp, è stato solo degno corollario alla festa finale, tra abbracci e lacrime di gioia, canti e spogliarelli a cielo aperto. Con la squadra impazzita di gioia che quasi non voleva uscire dal campo, acclamata dai tifosi sugli spalti, ben oltre i mille annunciati, quasi che temessero di svegliarsi da un sogno meraviglioso. Che si chiama serie A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA