Ultrà ucciso a Pescara, il giudice"I 4 rom arrestati preparavano la fuga"

L'ordinanza di convalida del fermo: "I sette rom del commando non si sono bloccati di fronte alle implorazioni dell'ultrà"
PESCARA. Erano pronti a scappare, i quattro presunti complici di Massimo Ciarelli, e a farsi coprire la fuga da altri componenti della famiglia rom: è anche questo uno dei motivi per cui il giudice per le indagini preliminari Maria Michela Di Fine ha disposto l'arresto dei tre cugini e del nipote del rom di 29 anni accusato di aver ucciso l'ultrà Domenico Rigante.
Quando le indagini si orientano verso Massimo Ciarelli, il rom rinchiuso nel carcere di Vasto dal 5 maggio scorso, i quattro presunti complici «sono pronti a far perdere le loro tracce anche con l'aiuto del nucleo familiare, così come aveva fatto Massimo Ciarelli». E' quello che scrive il giudice per le indagini preliminari Maria Michela Di Fine nell'ordinanza di convalida del fermo e di applicazione della misura del carcere per Angelo, Antonio e Luigi, i tre fratelli cugini di Massimo, e per il nipote di quest'ultimo Domenico arrestati l'8 maggio con le accuse di concorso in omicidio, tentato omicidio porto abusivo di armi, violazione di domicilio e minaccia aggravata. C'è anche il «pericolo di fuga», quindi, a motivare un'ordinanza in cui il gip ricostruisce i ruoli e i movimenti partendo proprio dall'arrivo del commando rom in piazza dei Grue qualla notte tragica del 1º maggio in cui Domenico Rigante, scambiato per il fratello gemello Antonio, è stato ucciso.
«ANGELO ALLA GUIDA». Se il giudice per le indagini preliminari di Chieti, nell'ordinanza di convalida per il presunto esecutore Ciarelli, aveva titubato sul numero dei partecipanti alla spedizione punitiva parlando ora di «sei o sette persone» ora di «sette», il gip di Pescara fa riferimento a un solo numero: sette rom. Così, secondo il documento, accanto ai cinque arrestati e un altro indagato mancherebbe ancora una persona per chiudere il cerchio sulla notte in via Giambattista Polacchi. Dice il gip, facendo riferimento alle testimonianze raccolte, che all'appuntamento in piazza con Antonio Rigante, sarebbero piombati una Fiat 500 e uno scooter Piaggio. «Dall'autovettura», precisa il giudice per le indagini preliminari, «oltre a Massimo Ciarelli, scendevano altri quattro rom di cui tre già identificati. Alla guida c'era Angelo». Domenico e Luigi Ciarelli sarebbero invece arrivati in piazza dei Grue in sella allo scooter e, secondo le testimonianze, anche Luigi avrebbe impugnato una pistola.
«PRIVI DI CONTROLLO». Durante gli interrogatori, Domenico di 24 anni, nipote di Massimo, e assistito dall'avvocato Luca Sarodi, si è difeso dicendo di essersi dissociato dalla famiglia Ciarelli e sostenendo di aver iniziato «un cammino di fede». Luigi Ciarelli, sempre di 24 anni, e difeso dagli avvocati Marco Di Giulio e Francesco Valentini, avrebbe invece riferito di essere stato dalla moglie in ospedale. Alibi e dichiarazioni che il gip ha considerato «privi di riscontro» tratteggiando, poi, anche un profilo dei quattro presunti complici. «Elevata pericolosità», scrive Di Fine, «anche alla luce dei precedenti penali e giudiziari a loro carico. Potrebbero commettere altri reati», aggiunge, «proprio per la dimostrata incapacità a controllare i loro impulsi aggressivi e avendo dimostrato capacità nel superare nel corso delle azioni delittuose ogni ostacolo per portare a termine il programma concordato e non fermandosi neppure davanti alle implorazioni». E' in questo passo che il giudice riporta alla memoria le ultime parole di Domenico al suo presunto assassino, una richiesta di pietà perché «ho una figlia piccola».
IL DESTINATARIO. Le due ordinanze, quella del giudice di Chieti e quella del giudice di Pescara, fugano ogni dubbio sul «principale destinatario della spedizione punitiva»: non doveva essere Domenico il bersaglio dell'assalto rom, ma il gemello Antonio sopravvissuto. «E' evidente», scrive il gip di Pescara, «che i fermati hanno preso parte all'azione punitiva, concertandone insieme la preparazione, munendosi di armi e di mezzi per giungere nel luogo dove Massimo aveva programmato di incontrare Antonio Rigante, principale destinatario della spedizione punitiva».
SPECIALPREVENZIONE. Per il giudice, infine, ai quattro rom arrestati devono essere applicate «esigenze di specialprevenzione» perché i quattro Ciarelli avrebbero dimostrato «una personalità criminale non comune, una capacità organizzativa nella programmazione della spedizione punitiva procurandosi armi, mezzi e una determinazione ed efferatezza nel compimento dei delitti».
Quando le indagini si orientano verso Massimo Ciarelli, il rom rinchiuso nel carcere di Vasto dal 5 maggio scorso, i quattro presunti complici «sono pronti a far perdere le loro tracce anche con l'aiuto del nucleo familiare, così come aveva fatto Massimo Ciarelli». E' quello che scrive il giudice per le indagini preliminari Maria Michela Di Fine nell'ordinanza di convalida del fermo e di applicazione della misura del carcere per Angelo, Antonio e Luigi, i tre fratelli cugini di Massimo, e per il nipote di quest'ultimo Domenico arrestati l'8 maggio con le accuse di concorso in omicidio, tentato omicidio porto abusivo di armi, violazione di domicilio e minaccia aggravata. C'è anche il «pericolo di fuga», quindi, a motivare un'ordinanza in cui il gip ricostruisce i ruoli e i movimenti partendo proprio dall'arrivo del commando rom in piazza dei Grue qualla notte tragica del 1º maggio in cui Domenico Rigante, scambiato per il fratello gemello Antonio, è stato ucciso.
«ANGELO ALLA GUIDA». Se il giudice per le indagini preliminari di Chieti, nell'ordinanza di convalida per il presunto esecutore Ciarelli, aveva titubato sul numero dei partecipanti alla spedizione punitiva parlando ora di «sei o sette persone» ora di «sette», il gip di Pescara fa riferimento a un solo numero: sette rom. Così, secondo il documento, accanto ai cinque arrestati e un altro indagato mancherebbe ancora una persona per chiudere il cerchio sulla notte in via Giambattista Polacchi. Dice il gip, facendo riferimento alle testimonianze raccolte, che all'appuntamento in piazza con Antonio Rigante, sarebbero piombati una Fiat 500 e uno scooter Piaggio. «Dall'autovettura», precisa il giudice per le indagini preliminari, «oltre a Massimo Ciarelli, scendevano altri quattro rom di cui tre già identificati. Alla guida c'era Angelo». Domenico e Luigi Ciarelli sarebbero invece arrivati in piazza dei Grue in sella allo scooter e, secondo le testimonianze, anche Luigi avrebbe impugnato una pistola.
«PRIVI DI CONTROLLO». Durante gli interrogatori, Domenico di 24 anni, nipote di Massimo, e assistito dall'avvocato Luca Sarodi, si è difeso dicendo di essersi dissociato dalla famiglia Ciarelli e sostenendo di aver iniziato «un cammino di fede». Luigi Ciarelli, sempre di 24 anni, e difeso dagli avvocati Marco Di Giulio e Francesco Valentini, avrebbe invece riferito di essere stato dalla moglie in ospedale. Alibi e dichiarazioni che il gip ha considerato «privi di riscontro» tratteggiando, poi, anche un profilo dei quattro presunti complici. «Elevata pericolosità», scrive Di Fine, «anche alla luce dei precedenti penali e giudiziari a loro carico. Potrebbero commettere altri reati», aggiunge, «proprio per la dimostrata incapacità a controllare i loro impulsi aggressivi e avendo dimostrato capacità nel superare nel corso delle azioni delittuose ogni ostacolo per portare a termine il programma concordato e non fermandosi neppure davanti alle implorazioni». E' in questo passo che il giudice riporta alla memoria le ultime parole di Domenico al suo presunto assassino, una richiesta di pietà perché «ho una figlia piccola».
IL DESTINATARIO. Le due ordinanze, quella del giudice di Chieti e quella del giudice di Pescara, fugano ogni dubbio sul «principale destinatario della spedizione punitiva»: non doveva essere Domenico il bersaglio dell'assalto rom, ma il gemello Antonio sopravvissuto. «E' evidente», scrive il gip di Pescara, «che i fermati hanno preso parte all'azione punitiva, concertandone insieme la preparazione, munendosi di armi e di mezzi per giungere nel luogo dove Massimo aveva programmato di incontrare Antonio Rigante, principale destinatario della spedizione punitiva».
SPECIALPREVENZIONE. Per il giudice, infine, ai quattro rom arrestati devono essere applicate «esigenze di specialprevenzione» perché i quattro Ciarelli avrebbero dimostrato «una personalità criminale non comune, una capacità organizzativa nella programmazione della spedizione punitiva procurandosi armi, mezzi e una determinazione ed efferatezza nel compimento dei delitti».
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