Un anno senza Tommaso Fasciani: «Il nostro dolore diventa impegno»

24 Dicembre 2025

Era il 21 dicembre 2024 quando la vita del ricercatore aquilano della Sapienza terminò contro un muro: «Solo grazie all’affetto di tutti quelli che gli vogliono ancora bene i suoi sogni continuano a realizzarsi»

L’AQUILA.« Stiamo provando a non confinare il dolore dentro le mura della nostra casa. Tommaso non l’avrebbe mai voluto. Anzi, si arrabbierebbe se lo facessimo». Un anno dopo, Cecilia Fasciani, la sorella di Tommaso Fasciani – il ricercatore aquilano scomparso in un incidente d’auto nella notte tra il 20 e il 21 dicembre 2024 – per la prima volta si ferma, si apre. Negli ultimi 12 mesi la sua vita è cambiata al punto da subire una di quelle accelerazioni che nessuno si augurerebbe, e che solo in pochi saprebbero affrontare. E lo fa a cuore aperto, ripercorrendo un anno cominciato con un riavvicinamento improvviso alla sua famiglia, alla sua città. Un trasferimento lampo da Bologna dove aveva speso gli ultimi 10 anni di vita fino a diventare una videomaker, una freelance di quelle sempre pronte a prender su e partire con la sua macchina da presa. E invece rientrata definitivamente all’Aquila dopo quella telefonata ricevuta da mamma Silvia, che col cuore in pezzi le comunica che Tommaso, la sera prima, non era tornato a casa, e che non lo avrebbe fatto mai più. Quindi il viaggio in treno, la camera ardente, l’affetto di amici e parenti, i funerali. E le luci che rischiano di spegnersi per sempre contro il muro di cinta di un’officina a pochi passi da casa. Un ostacolo di quelli che minacciavano di lasciare a metà sogni e progetti coltivati per 32 anni, poi spezzati di colpo proprio quando erano sul punto di concretizzarsi. E invece ripresi e portati avanti da tutti quelli che hanno amato Tommaso. Se quei sogni non si sono infranti per sempre contro un muro lo si deve infatti a Daniele D’Ambra, Giorgio Sestili, Silvio Paone, Maurizio Franco, Giacomo Spanu, Fernando Cimini, Marco Filippetti ed Eva Arcangeli, le stesse persone cioè «da cui è arrivato l’impulso a costituire un’associazione che portasse il suo nome», e ad oggi diventati tutti membri del direttivo, di cui Cecilia è presidente. Un anno pieno di impegni su molteplici fronti, dunque, tanti quanti erano gli interessi e le passioni di Tommaso, tra i premi al miglior lavoro contro la violenza di genere in collaborazione con l’associazione Donatella Tellini, così come quello in via di definizione destinato alla miglior tesi magistrale, e di dottorato. In mezzo la proclamazione postuma a dottore di ricerca in Scienze sociali ed economiche, fino allo striscione spuntato dal nulla all’Olimpico, sponda giallorossa: «Brucia ancora, che prima o poi ritornerò. Ciao Tommaso». Passando per il torneo di basket organizzato in suo onore lo scorso giugno. Perché Tommaso «era una persona che spiccava per la sua complessità, un appassionato delle contraddizioni. Prova ne è il fatto che abbia fondato un centro sociale e al tempo stesso appartenesse al mondo ultras. Due mondi contrapposti», sottolinea Cecilia. Eppure a quanto pare convergenti su un unico punto: quel ragazzo dell’Aquila capace di dialogare con entrambi. «Io e mio fratello eravamo legatissimi. Da quando è successo ancora non riesco a farmene una ragione. Ho perso il mio pilastro», dice Cecilia. «Ma so bene che solo portando avanti i suoi sogni riesco a portarlo sempre con me. Perché l’amore che tutti ci dimostrano non conosce ostacoli, non conosce muri. Ed è solo grazie a quest’affetto che Tommaso continua a raccogliere tutto quello che ha seminato e che noi adesso abbiamo il dovere di far germogliare».