Abruzzo

Un debito da 100mila euro, bomba sul balcone e la pistola: così è partita l’operazione che ha smantellato il traffico di droga

26 Luglio 2025

Fiumi di droga da Roma a Montesilvano. Spaccio ed estorsione, questo c’è al centro dell’indagine “End to end” che ha portato a 13 arresti con 34 indagati: il mercato della droga in mano a due organizzazioni. Affari andati a monte, adesso, perché lo spacciatore, impaurito, ha vuotato il sacco con la polizia

PESCARA. Al vertice c’era una triade di Roma con un obiettivo dichiarato: rimettere le mani su quasi 100mila euro spariti. A tanto ammontava il debito che aveva accumulato uno spacciatore di Montesilvano, 37 anni: cocaina, hashish e marijuana. Da Roma a Montesilvano arrivava di tutto. Ma l’incrocio della domanda e dell’offerta di droga aveva generato anche il cortocircuito di un debito. E allora per rientrare dei soldi, i romani ci andavano giù pesanti: una bomba carta scagliata sul balcone della casa dello spacciatore, minacce di morte mostrandogli anche una pistola e poi un’aggressione mirata e spietata.

AFFARI A MONTE. Spaccio di droga ed estorsione, questo c’è al centro dell’indagine “End to end” che ieri ha portato a 13 arresti con 34 indagati: il mercato della droga in mano a due organizzazioni. Affari andati a monte, adesso, perché lo spacciatore, impaurito, ha vuotato il sacco con la polizia.

ROMA-MONTESILVANO Il capo dell’organizzazione era Mirko Tucciarone, 40 anni di Roma, soprannominato “Ing”. Allo spacciatore indebitato, Tucciarone mandava messaggi crudi per costringerlo a chiudere i conti: “Ing”, è la sintesi dell’ordinanza firmata dal gip aquilano Marco Billi, diceva al 37enne che «non doveva scherzare» e che avrebbe dovuto pagare il suo debito altrimenti loro «avrebbero messo una bomba sotto il letto di suo figlio».

I BRAVI COMPLICI Tucciarone aveva i suoi complici per minacciare lo spacciatore e, al telefono dalla Capitale, guidava le loro mosse: Antonio Nardozi, detto “Serpente”, era un suo uomo di fiducia. Nardozi, dice l’accusa, spostava «ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti» sull’asse Roma-Montesilvano e si occupava del recupero crediti. E, secondo la ricostruzione della squadra mobile di Pescara, “Serpente” avrebbe mostrato allo spacciatore di avere una pistola e, «a scopo intimidatorio», gli avrebbe fatto vedere anche foto dei familiari e della sua macchina.

FASCETTE E NASTRO ISOLANTE Altri due complici, Vincenzo Zompatori e Rechard Dela Pena Bosetti, sarebbero stati «gli autori materiali» di un’aggressione ai danni dello spacciatore finito in ospedale con una serie di ferite. Un’aggressione fermata appena in tempo dalla polizia soltanto perché la suocera dello spacciatore aveva chiamato il 113 per denunciare «la provenienza di grida dall’abitazione del genero». E qui la polizia ha trovato i due aggressori mandati da Tucciarone «in possesso di alcune fascette di plastica e di un rotolo di nastro adesivo».

LA DENUNCIA PER PAURA. Nei mesi successivi, ecco la svolta: lo spacciatore è finito nella rete della polizia con 80 grammi di cocaina, 2 chili e mezzo di hashish e 6 e mezzo di marijuana oltre a 18.660 euro in contanti. Pochi mesi dopo e lo stesso spacciatore ha denunciato il gruppo criminale di Roma per il reato di estorsione.

L’ALTRO GRUPPO A MOSCIANO. Indagando su questa banda, i poliziotti hanno scoperto anche un altro sodalizio «strutturato e organizzato»: al vertice c’erano Alessandro Iezzi, 38 anni, e Alessio Martella (31), entrambi di Atri, che rifornivano «con assiduità» uno spacciatore 20enne di Giulianova, Daniel Gaetano Hodges, che lavorava così su due fronti. Martella e Iezzi avevano stabilito «una base operativa» in un appartamento di Mosciano Sant’Angelo, frazione Ripoli, che era usato per gli incontri necessari a organizzare lo spaccio, come deposito dello stupefacente da vendere e luogo per smistare il denaro frutto dalle cessioni.

AFFARI SPEZZATI. Secondo il gip Billi, soltanto gli arresti, in carcere, avrebbero potuto spezzare gli affari delle due organizzazioni: «La diffusione interregionale dei due sodalizi, la capacità di trasporto in tutta Italia dello stupefacente, la capacità di movimentare con costanza e frequenza cospicui quantità di stupefacenti, l’adozione scaltra e premeditata di forme mule comunicative studiate per eludere le investigazioni, l’assenza di remore a porre in essere condotte estorsive e violente per recuperare i crediti delle cessioni, l’assenza di redditi leciti, costituiscono tutti elementi concreti per ritenere certo il fatto che, in mancanza di applicazione di adeguata misura cautelare, le condotte illecite già poste in essere verranno sicuramente reiterate».