Un indagato custode dell’hotel distrutto

La procura nomina Colangeli, capo ufficio tecnico del Comune di Farindola. Con i vigili dovrà sorvegliare l’area della strage

PESCARA. Il testimone della vigilanza dell’area intorno all’hotel Rigopiano - ridotto a macerie e sotto sequestro probatorio - passa nelle mani di uno dei sei indagati del procedimento sulla tragedia del 18 gennaio.
La procura ha affidato la custodia giudiziale del territorio a Enrico Colangeli, dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Farindola sotto inchiesta per l’omicidio colposo dei 29 ospiti e dipendenti del resort, travolti dalla valanga.
Un sito enorme, da supervisionare con l’aiuto della polizia municipale di Farindola - tre vigili in tutto - che di fatto rovescia sulle spalle del funzionario una responsabilità enorme, esponendolo - con la bella stagione in arrivo - alle incursioni di chi, fin dai tempi dell’omicidio di Cogne, trascorre le vacanze a coltivare foto e a rintracciare memorie in luoghi di tragedie entrate come bulldozer nelle case degli italiani per calamitarne attenzioni e morbosità.
Basteranno Colangeli e i vigili urbani a mantenere inalterato lo stato dei luoghi, a parare il turismo macabro e ad arginare la curiosità di chi non resisterà a rimontare quello scorcio di montagna violato dalla morte?
Ma come si è arrivati a questa decisione? I carabinieri, il 27 aprile scorso, hanno inviato ai magistrati la richiesta di affidare la custodia giudiziale dell’area al Comune di Farindola e «in particolare al capo ufficio tecnico».
In pratica, una sollecitazione di avvicendamento sul posto, perché i militari hanno sorvegliato la zona per oltre tre mesi per 24 ore al giorno, in condizioni meteorologiche proibitive - soprattutto nelle prime settimane dopo la strage - e «con notevole aggravio di risorse sottratte all’attività di controllo del territorio».
Detto, fatto: venerdì scorso, la procura ha firmato il cambio della guardia, notificato ieri mattina a Colangeli che con alcuni operai incaricati dalla stessa amministrazione comunale guidata dal sindaco Ilario Lacchetta, pure indagato, hanno visionato il luogo della tragedia, sotto sequestro dal 30 gennaio.
Dovranno essere apposti cartelli - 20 paletti in tutto - con su indicato “Area sottoposta in sequestro - È assolutamente vietato l’accesso”. Un’operazione da effettuare con la massima attenzione per evitare l’alterazione del territorio e quindi di una prova che deve restare blindata.
Il provvedimento della procura è coerente con la legge - basti guardare i casi di appartamenti o vetture affidati ai proprietari indagati - così come l’affidamento al capo dell’ufficio tecnico di un Comune dove ricade un punto sequestrato, ma - oltre a sollevare una questione di opportunità agli occhi dei parenti delle vittime, con un indagato a sorvegliare un sito dove hanno perso la vita 29 persone - rischia anche di rendere l’area stessa vulnerabile, una volta privata della supervisione dei carabinieri.
Per la procura, resta prioritaria la necessità di assicurare continuità alla tutela di una zona che, per la natura stessa del sequestro, dev’essere preservata per la sua importanza come prova.
Colangeli è stato «invitato», recita l’atto giudiziario, «a compiere tutte le attività di ordinaria conservazione e amministrazione sul bene sequestrato, nonché ad adottare tutte le cautele del caso idonee a evitare che terzi non previamente autorizzati dall’autorità giudiziaria possano accedere nell’area e nel rudere dell’hotel Rigopiano ancora in sequestro, o possano in qualunque modo modificare lo stato dei luoghi».
Di fatto, codice alla mano, il funzionario indagato dovrà adoperarsi a conservare il bene sequestrato con la dovuta diligenza, impedire che venga manomesso da estranei in qualsiasi modo, preservarlo da ogni alterazione e tenerlo a disposizione della magistratura per ogni sua richiesta, segnalare il deterioramento della cosa sequestrata o l’impossibilità o la difficoltà di custodirla in modo adeguato.
Ma il vademecum per evitare l’accusa di omessa custodia dovrà fare affidamento solo su tre uomini della polizia municipale, un numero inferiore persino ai paesi - Farindola, Montebello, Civitella Casanova e Villa Celiera - dove risultano in servizio. Con l’anomalia, in più, di una polizia municipale che da prassi è alle dirette dipendenze del sindaco, ma che di fatto dovrebbe ricevere disposizioni da un capo dell’ufficio tecnico.
Quando ieri mattina, si è visto notificare il provvedimento che gli affidava l’area sotto sequestro, Colangeli è sbiancato, già provato dal procedimento che lo coinvolge e caricato di un peso del quale avrebbe fatto volentieri a meno.
È arduo immaginare come possa essere contrastato dalla difesa un provvedimento del genere, non impugnabile direttamente visto che le norme di procedura penale non lo prevedono. Ma le pedine già schierate sulla scacchiera processuale a neppure 4 mesi dalla tragedia, lasciano comunque ipotizzare un’immediata contromossa.
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