Pescara

Minorenne violentata dal branco, 19enne verso i domiciliari. Nei guai anche un carabiniere

10 Settembre 2025

La vicenda dello stupro di Pescara. È l’ex compagno della responsabile della Comunità, ha assistito alla “riconsegna” delle ragazze: ora è accusato di omissioni di atti d’ufficio e false informazioni al pm, sequestrato il suo telefono

PESCARA. Potrebbe finire agli arresti domiciliari il ragazzo di 19 anni arrestato lunedì scorso per violenza sessuale di gruppo su una minorenne, insieme al fratello minore finito in comunità. Dopo l’interrogatorio di garanzia di ieri, davanti al gip Mariacarla Sacco, il suo legale, Angelo Pettinella, ha presentato istanza a causa delle condizioni fisiche del ragazzo che (in base alla documentazione medica presentata al giudice) non sarebbero compatibili con il sistema carcerario. Una istanza che potrebbe ricevere anche il parere favorevole del pm Anna Benigni, ma solo per questioni mediche, non certo a seguito di quanto detto nell'interrogatorio.

LA VERSIONE DEL 19ENNE

Il giovane ha infatti ribadito in linea di massima quanto aveva già riferito al pm nel primo interrogatorio dell’inchiesta in relazione a quelle drammatiche ore che due ragazze di 17 anni, fuggite da una Comunità di Ripa Teatina, avevano passato il 13 febbraio scorso in un atrio condominiale sotto il palazzo dei due arrestati a Rancitelli: fatte ubriacare per poi compiere la violenza sessuale di gruppo su una delle due. Due gli aspetti di rilevanza penale sottolineati dall’arrestato nell’interrogatorio: il fatto di non aver dato da bere alcolici alle due ragazze (che rappresenta l’aggravante contestata dalla procura) e di non aver assistito ai rapporti di cui si sarebbe reso protagonista un altro minorenne (che ridimensionerebbe il reato da violenza di gruppo a violenza di un singolo), al momento dei fatti non imputabile in quanto di età inferiore ai 14 anni (che ha compiuto da qualche giorno, ma comunque dopo la commissione del reato per il quale è indagato). Ma le domande incalzanti del gip Sacco, alla fine del lungo interrogatorio, hanno portato l'arrestato a fare una mezza ammissione: «Sì, forse avevano bevuto, ma non davanti a me perché di quella bottiglia di vodka io non ne sapevo nulla. Io avevo portato solo della limonata». E dopo l’insistenza della giudice sul chi l’avesse tirata fuori, nonostante il timore di pronunciare quel nome, l’arrestato avrebbe detto che era stato uno dei presenti che spesso nasconde alcol, sigarette e altro nelle vicinanze dell’atrio, facendo infine il nome del minore non imputabile: «Sì, ma io non ho visto quando gli ha dato da bere», ha concluso l’arrestato.

I TESTIMONI E LA FOTO

L’indagato ha cercato di salvaguardare anche il fratello minore dichiarando che quando sarebbe avvenuta la violenza era con lui fuori dell’atrio condominiale. Ma agli atti dell’inchiesta del pm Benigni, condotta anche dal Gruppo Antiviolenza, ci sono dichiarazioni di testimoni e conoscenti dei due fratelli, che riferiscono fatti e circostanze importanti sul fatto che le due ragazze vennero fatte ubriacare (c’è anche una foto in cui si vedrebbe il tavolo con le bottiglie di alcol e le due ragazze addormentate sullo stesso tavolo). Ma soprattutto c’è la testimonianza della compagna della vittima (ritenuta credibile) che vide il minore non imputabile violentare l’amica. Così come risultano le testimonianze di altri ai quali, nei giorni successivi, venne riferito dello stupro.

CARABINIERE INDAGATO

Ma l’inchiesta che era partita con tre soli indagati (i due fratelli arrestati e il minore non imputabile che ora dovrà essere interrogato con tutte le garanzie del caso), si è arricchita di un altro indagato in un procedimento che per il momento viaggia in parallelo.

Si tratta dell’ex compagno dell’ormai ex responsabile della Comunità dalla quale le due ragazze erano scappate più volte: un sottufficiale dei carabinieri che quella sera si trovava con la responsabile del Centro quando l’arrestato maggiorenne accompagnò le due ragazze all’appuntamento (il militare scattò anche delle foto al documento dell’arrestato, dicendogli che non si doveva più far vedere altrimenti avrebbe passato dei guai se le ragazze fossero fuggite di nuovo). Il carabiniere, sentito dal pm in fase di indagini, è stato iscritto per i reati di omissioni di atti d’ufficio e false informazioni al pm e il suo telefono è stato sottoposto a sequestro per approfondimenti investigativi. Le due ragazze, quando vennero recuperate dalla responsabile della Comunità erano in uno stato di ubriachezza avanzato e vomitarono anche nell’auto, mentre la donna cercò di minimizzare la situazione per salvaguardare il suo compagno (che subito dopo il fatto mise fine a quel rapporto già in bilico). «Contravvenendo ai doveri connessi al ruolo di militare dell’Arma dei carabinieri», scrive la pm nella sua richiesta di misura nei confronti dei due fratelli, «ha omesso compiere i più basilari adempimenti nella convinzione che tutto quel “disagio” come dallo stesso definito, potesse influire negativamente sulla sua posizione lavorativa».

LE VITTIME

E così le due parti offese, «con alle spalle un percorso di vita difficile che ne aveva determinato l’inserimento in Comunità lontano dalle rispettive famiglie, si sono viste privare anche della tutela di chi, istituzionalmente, per il ruolo ricoperto, sarebbe proprio deputato a assicurare la tutela degli altrui interessi. Così la donna era troppo preoccupata dalla fine della propria relazione sentimentale per occuparsi adeguatamente delle ragazze e il carabiniere preoccupato delle conseguenze per il proprio lavoro». E per questo le ragazze vennero sottoposte alle visite mediche in ospedale soltanto 24 ore dopo i fatti, facendo venir meno eventuali tracce della violenza subita.