Bitetto, la scommessa più bella
«Ho vinto 4 campionati, ma la salvezza qui sarebbe un capolavoro».
GIULIANOVA. Leonardo Bitetto è un allenatore immerso nel suo mestiere. Il suo Giulianova non vince da sette gare (Real Marcianise-Giulianova 1-2 del 13 settembre scorso), ma non è sulla graticola. Non può esserlo perché la sua sfida è un’altra: portare in salvo la squadra più giovane del campionato.
Bitetto, 50 anni, ha ottenuto quattro promozioni da allenatore, ma questa è un’altra scommessa. Più intrigante. Di certo, la più affascinante, forse la più difficile. Si è messo alla testa di un gruppo di ragazzini, la maggior parte dei quali all’esordio nella categoria.
La società non ha risorse per fronteggiare i costi di un campionato di Prima divisione, ha scelto di ammortizzare i debiti senza percorrere la strada del fallimento. Ha preferito affidare il proprio destino a questo signore di Bari che ha smesso di giocare presto a pallone perché gli ha ceduto un ginocchio. Bitetto si definisce l’ultimo romantico del mondo del calcio. Le sue squadre, di solito, sono organizzate, aggressive e concrete.
Il Giulianova cerca sempre di dare il massimo per competere con realtà più blasonate o costruite con diversi milioni di euro.
Bitetto, non vince da tanto tempo.
«Ma siamo vivi, questo è fondamentale. La domenica la differenza che c’è sulla carta tra noi e gli avversari si nota poco o niente».
Il suo Giulianova ha pareggiato in casa sia con il Pescara che con il Verona. Chi è più forte tra le capolista?
«Difficile dare una risposta. Per come la penso io, mi piace più il Verona perché pratica un 4-3-3 imprevedibile e ricco di valori tecnici nella fase offensiva. Il Pescara, invece, è forte del suo 4-4-2 che è più solido e schematico».
Non si sbilancia.
«Non mi sbilancio, ma vi posso dire che il Verona in casa si trasforma. E’ devastante. Ho visto alcuni filmati e mi ha fatto una grossa impressione. Se uno va al Bentegodi per giocarsela a viso aperto rischia grosso, anche la disfatta».
Che cosa ha detto finora il girone B, dopo un terzo del campionato?
«Regna l’equilibrio. Il Pescara e il Verona hanno qualcosa in più e credo che alla lunga si contenderanno la promozione diretta. Poi, tanto equilibrio. Diverse squadre sono racchiuse in un fazzoletto di pochi punti. E anche quelle che sono in coda alla classifica hanno potenzialità ancora da esprimere. Una sorta di ammucchiata in cui saranno fondamentali i dettagli per stabilire una graduatoria».
E il Giulianova?
«In questo contesto sembra non entrarci nulla. E’ pieno di giovani e di esordienti. E ha difficoltà per allenarsi, perché questo è un problema grosso, che rischia di pesare sulla classifica. Eppure la domenica ci troviamo bene contro qualsiasi avversario. Si nota poca differenza».
Tante gare senza vincere, non rischia di subentrare la sfiducia?
«No, noi siamo coscienti che dobbiamo continuare così».
Lei non si lamenta mai.
«Sapevo a che cosa andavo incontro sin dal giorno in cui ho deciso di restare a Giulianova. E comunque fino a gennaio siamo questi. Dobbiamo raccattare quanti più punti possibili. E poi faremo i conti. So che è una frase fatta, ma è quello che penso».
Eppure, dopo aver conquistato la promozione in Prima divisione...
«Gli allenatori perseguono una sfida. Può essere quella di vincere il campionato, oppure quella di salvarsi. Tanto più rischiosa se si ha a disposizione giovani alle prime armi. Io qualche promozione l’ho ottenuta nella mia carriera, questa che sto perseguendo è un’altra scommessa. Mi mancava. Forse, è ancora più bella. La porto avanti in un ambiente maturo che conosce la realtà delle cose».
Perché lei si definisce l’ultimo romantico del mondo del calcio?
«Perché mi affeziono all’ambiente e alle persone. Io sono legato a Giulianova. Lo volevo allenare. Mi parlava di questo ambiente un amico, Enzo Cavallaro (il ds scomparso nell’estate del 2008, ndr). Lui era un direttore sportivo e per anni mi ha raccontato di questa cittadina che vive di pallone. Sapevo che un giorno avrei guidato il Giulianova. E poi le persone. La città e i tifosi. C’è un bel feeling. Mi sono legato a Dario D’Agostino, l’amministratore unico, che ha sventato il fallimento. Qui sto tra persone perbene».
A proposito, chi gioca il miglior calcio?
«Cosenza e Verona mi sono piaciuti contro di noi».
E il miglior giovane?
«Esclusi i miei, dico Laurenti della Spal».
E i suoi giovani?
«Stanno migliorando e hanno margini da perseguire. E’ bello vederli crescere».
Il più giovane è Jacopo Dezi, il centrocampista classe 1992 che ha lanciato in pianta stabile.
«Ha alti e bassi nell’arco dei novanta minuti. Però, è un giocatore di prospettiva. Lasciamolo crescere tranquillamente».

Bitetto, 50 anni, ha ottenuto quattro promozioni da allenatore, ma questa è un’altra scommessa. Più intrigante. Di certo, la più affascinante, forse la più difficile. Si è messo alla testa di un gruppo di ragazzini, la maggior parte dei quali all’esordio nella categoria.
La società non ha risorse per fronteggiare i costi di un campionato di Prima divisione, ha scelto di ammortizzare i debiti senza percorrere la strada del fallimento. Ha preferito affidare il proprio destino a questo signore di Bari che ha smesso di giocare presto a pallone perché gli ha ceduto un ginocchio. Bitetto si definisce l’ultimo romantico del mondo del calcio. Le sue squadre, di solito, sono organizzate, aggressive e concrete.
Il Giulianova cerca sempre di dare il massimo per competere con realtà più blasonate o costruite con diversi milioni di euro.
Bitetto, non vince da tanto tempo.
«Ma siamo vivi, questo è fondamentale. La domenica la differenza che c’è sulla carta tra noi e gli avversari si nota poco o niente».
Il suo Giulianova ha pareggiato in casa sia con il Pescara che con il Verona. Chi è più forte tra le capolista?
«Difficile dare una risposta. Per come la penso io, mi piace più il Verona perché pratica un 4-3-3 imprevedibile e ricco di valori tecnici nella fase offensiva. Il Pescara, invece, è forte del suo 4-4-2 che è più solido e schematico».
Non si sbilancia.
«Non mi sbilancio, ma vi posso dire che il Verona in casa si trasforma. E’ devastante. Ho visto alcuni filmati e mi ha fatto una grossa impressione. Se uno va al Bentegodi per giocarsela a viso aperto rischia grosso, anche la disfatta».
Che cosa ha detto finora il girone B, dopo un terzo del campionato?
«Regna l’equilibrio. Il Pescara e il Verona hanno qualcosa in più e credo che alla lunga si contenderanno la promozione diretta. Poi, tanto equilibrio. Diverse squadre sono racchiuse in un fazzoletto di pochi punti. E anche quelle che sono in coda alla classifica hanno potenzialità ancora da esprimere. Una sorta di ammucchiata in cui saranno fondamentali i dettagli per stabilire una graduatoria».
E il Giulianova?
«In questo contesto sembra non entrarci nulla. E’ pieno di giovani e di esordienti. E ha difficoltà per allenarsi, perché questo è un problema grosso, che rischia di pesare sulla classifica. Eppure la domenica ci troviamo bene contro qualsiasi avversario. Si nota poca differenza».
Tante gare senza vincere, non rischia di subentrare la sfiducia?
«No, noi siamo coscienti che dobbiamo continuare così».
Lei non si lamenta mai.
«Sapevo a che cosa andavo incontro sin dal giorno in cui ho deciso di restare a Giulianova. E comunque fino a gennaio siamo questi. Dobbiamo raccattare quanti più punti possibili. E poi faremo i conti. So che è una frase fatta, ma è quello che penso».
Eppure, dopo aver conquistato la promozione in Prima divisione...
«Gli allenatori perseguono una sfida. Può essere quella di vincere il campionato, oppure quella di salvarsi. Tanto più rischiosa se si ha a disposizione giovani alle prime armi. Io qualche promozione l’ho ottenuta nella mia carriera, questa che sto perseguendo è un’altra scommessa. Mi mancava. Forse, è ancora più bella. La porto avanti in un ambiente maturo che conosce la realtà delle cose».
Perché lei si definisce l’ultimo romantico del mondo del calcio?
«Perché mi affeziono all’ambiente e alle persone. Io sono legato a Giulianova. Lo volevo allenare. Mi parlava di questo ambiente un amico, Enzo Cavallaro (il ds scomparso nell’estate del 2008, ndr). Lui era un direttore sportivo e per anni mi ha raccontato di questa cittadina che vive di pallone. Sapevo che un giorno avrei guidato il Giulianova. E poi le persone. La città e i tifosi. C’è un bel feeling. Mi sono legato a Dario D’Agostino, l’amministratore unico, che ha sventato il fallimento. Qui sto tra persone perbene».
A proposito, chi gioca il miglior calcio?
«Cosenza e Verona mi sono piaciuti contro di noi».
E il miglior giovane?
«Esclusi i miei, dico Laurenti della Spal».
E i suoi giovani?
«Stanno migliorando e hanno margini da perseguire. E’ bello vederli crescere».
Il più giovane è Jacopo Dezi, il centrocampista classe 1992 che ha lanciato in pianta stabile.
«Ha alti e bassi nell’arco dei novanta minuti. Però, è un giocatore di prospettiva. Lasciamolo crescere tranquillamente».