Contrasti azzurri La “Leonessa” c’è Fognini invece no

13 Maggio 2014

Tennis al Foro Italico: Schiavone d’altri tempi E Federer annuncia via Twitter lo sbarco a Roma

ROMA. Tre storie, anzi quattro, hanno animato il lunedi del Foro Italico agli Internazionali d’Italia. Non tutte belle, ma tutte made in Italy.

Incominciamo da quella di Francesca Schiavone. Alla Leonessa l’aria di Roma regala quella voglia di arena, quell’agonismo duro e puro che l’ha sempre contraddistinta e l’ha portata al trionfo di Parigi nel 2010. Data per finita, in difficoltá e senza il conforto dei risultati, ha tirato fuori dal cappello proprio ieri il meglio del suo repertorio, che poi - sinteticamente - vuol dire giocare un tennis d’altri tempi che le moderne interpreti non riescono a comprendere. Nella fattispecie la canadese Eugenie Bouchard, in evidenza a Melbourne 2014 e promessa della stagione. Bocciata dalla professoressa Schiavone, che le ha alternato ogni tipo di colpo: slice, corner, lungolinea e smorzate. Il risultato? La testa ciondolante della povera Bouchard, tra sorpresa e impotenza, incapace di trovare un contromisura tattica contro un’avversaria di 14 anni più anziana.

Dopo la storia bella, quella negativa: Fabio Fognini. Atteso oltre ogni misura, condannato a diventare il nuovo Panatta e Barazzutti insieme, ha pagato il peso dello stress. Contro Rosol, che sorprese Nadal a Wimbledon due anni fa, non sembrava il Fognini che, con il suo gioco intenso, aveva sorpreso più di uno specialista del rosso. Ma non c’è da sorprendersi: il ligure aveva, a modo suo, fatto capire di non essere al top, accennando alle difficoltá personali che ha lui con questo torneo, dove le aspettative sono molto alte. A fine match il leader azzurro ha risposto senza tirarsi indietro: «Se tiro la racchetta per terra è perché tiro la racchetta per terra. Se prendo un warning è perché è il solito Fognini. Almeno in quello potrete dire che sono stato più bravo, a parte la sconfitta. A me girano le scatole sempre quando perdo, dovunque mi trovi. Però, come ho detto, sono portato a guardare le cose in termini positivi e adesso viene il torneo più importante. Da una parte avrò più tempo per prepararlo al meglio, e magari ritirare un po’ su la mia condizione fisica che dopo Montecarlo si è abbassata parecchio. Dall’altra parte mi fa male perché siamo a Roma. Lo dico e lo confermo». Infine, due storie che sembrano intrecciate. Due storie di rimonte di vita, non di una singola partita. Il destino, intenso come sorteggio, ha voluto di fronte Simone Bolelli e Stefano Travaglia. Quest’ultimo, tre anni fa, raccontò così quello che gli era successo: «Sono scivolato dalle scale, ho messo le mani avanti per non sbattere con la faccia, il braccio destro ha preso una finestra di vetro che si è rotta, e uno spuntone di vetro mi ha tagliato da sotto il polso a sopra il gomito destro, con il nervo tagliato e senza sensibilità nelle prime tre dita della mano». Eppure il marchigiano non solo ha recuperato l’arto, ma è tornato tennista di primo livello. Storia simile, ma di infortuni sportivi, per Simone Bolelli. Ne è venuto fuori il match più bello della giornata, che si è concluso solo al terzo set, e al tie-break. L’ha spuntata Bolelli, che ha dovuto inseguire Travaglia per tutto il match e ha avuto molti dubbi sul riuscirci. «Ho respirato a lungo, dopo...». Oggi scende in campo Djokovic, contro Stepanek. È il primo big, in attesa di Nadal e Federer.

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