Pescara

Dagasso dalla curva alla B: «È un sogno che si realizza»

13 Giugno 2025

Il 21enne centrocampista: «Da pescarese vincere nella mia città è indescrivibile»

PESCARA. Tifoso, calciatore e, poi, idolo della curva Nord. Matteo Dagasso ha realizzato il sogno che aveva fin da bambino quando andava allo stadio a vedere il suo Pescara. Il 21enne centrocampista biancazzurro, con le sue prestazioni sontuose, ha messo il sigillo sulla serie B. L’enfant du pays si è preso la scena e adesso si gode la grande festa per il ritorno tra i cadetti.

Dagasso, si è ripreso dai festeggiamenti?

«(sospira, ndr) A fatica, è stata dura, diciamo che sto smaltendo ora i postumi dei bagordi. Sto iniziando adesso a realizzare quello che abbiamo fatto».

Vacanze prenotate?

«Sì, io e la mia ragazza andremo a New York e torneremo a fine mese perché ci sarà il matrimonio di Davide Merola».

Sabato scorso, il giorno della finalissima per la B, mentre saliva le scale che portano dagli spogliatoi al campo, a che cosa pensava?

«Sentivo i cori dei tifosi, avevo l’adrenalina a mille e mi sono detto “Stasera, dobbiamo fare la storia” e alla fine è andata benissimo. Nei giorni precedenti, invece, la tensione a casa era alle stelle, ho faticato a dormire. Per fortuna è andato tutto per il meglio. Questo è un sogno che si realizza».

Allo stadio c’era anche la sua famiglia?

«Certo, al completo. C’era anche la mia bisnonna, Ines, che ha 87 anni. A fine partita sono venuti tutti in campo e c’è stato un grande abbraccio collettivo».

Pescarese, tifoso biancazzurro e poi calciatore del Delfino. Per lei una promozione particolare.

«Sognavo da bambino di vincere con questa maglia. Sono arrivato al Pescara nel 2009 e la prima partita che ho visto allo stadio Adriatico, in serie C, è stata una sfida contro il Potenza. Da tifoso ho girato tutti i settori dello stadio: curva, tribuna, distinti. Sono sempre stato presente».

I suoi maestri?

«Nelle giovanili penso a Mancini, Campagnaro, Memushaj e Iervese. Ovviamente, poi, anche Zeman e Baldini»

Questi ultimi due che cosa le hanno insegnato?

«A Zeman devo tutto, mi ha fatto fare l’esordio in prima squadra. Baldini per me è stato come un secondo padre. Quando è arrivato ci ha subito detto: “Ragazzi, forza, noi andremo in B”. Facevo fatica a credergli, poi lavorandoci ho capito perché già la scorsa estate parlava di promozione. Lui mi ha completato come giocatore, insegnandomi molte cose nella fase di non possesso e nel pressing».

C’è un messaggio, un complimento o una telefonata che l’ha sorpresa?

«Qualche giorno fa ho visto per caso Fabio Grosso. Eravamo nello stesso stabilimento balneare, qui a Pescara. Ho incrociato il suo sguardo e, timidamente, l’ho salutato. Lui si è fermato e mi ha fatto i complimenti per la promozione. È stato bellissimo, perché fino a quel momento l’avevo visto solo in tv e sui giornali. Un campione del mondo con la sua storia che si ferma a complimentarsi con un ragazzo di 20 anni non è una cosa che capita spesso. Lui per me è un mito».

L’anno scorso ha firmato il primo contratto da professionista e adesso ha vinto il primo trofeo in carriera. Soldi, popolarità e un futuro roseo davanti, negli ultimi due anni la sua vita è completamente cambiata?

«Sì, ma non mi esalto. Ho 21 anni, ho vinto un campionato, d’accordo, ma è solo l’inizio della mia carriera. Certo, quando esco di casa le persone vogliono farsi una foto o si fermano semplicemente per salutarmi. È tutto bello, però devo ancora dimostrare chi sono. Anche l’aspetto economico è importante, ma non butto via i soldi. Quello che guadagno lo investo e risparmio».

Se le dico Chiara.

«La mia fidanzata storica, stiamo insieme da tanti anni. Eravamo compagni di scuola al liceo scientifico e non ci siamo mai più persi di vista. Siamo cresciuti insieme».

La promozione in B a chi la dedica?

«A Chiara, alla mia famiglia e anche al mio procuratore Carlo (Di Renzo, ndr). C’è sempre stato, anche nei momenti difficili quando sono stato fuori per un problema allo scafoide per quasi due anni. Avevo anche pensato di smettere con il calcio per via dei tanti infortuni».

Le sue origini?

«Sono pescarese, anche se mio padre Lucio è di origini valtellinesi. Lui è un maestro di tennis e padel. Mia madre, Eleonora, fa la commessa. Poi ho un fratello, Jacopo, e una sorella minore. Jacopo gioca a basket a livello agonistico e frequenta l’università all’Aquila. Mia sorella, invece, fa ginnastica artistica».

Il suo futuro?

«Mi piacerebbe restare a Pescara e un giorno giocare in serie A con questa maglia».

Le idee sono chiare, calciomercato permettendo.

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