Calcio Eccellenza

D’Aloisio, il figlio raccoglie l’eredità del padre in porta

29 Maggio 2025

Nella stagione 1988-1989 l’esordio di Mariano in C2 alle dipendenze di Giorgini. A distanza di anni Marco (2005) ha contribuito alla salvezza del Lanciano

PESCARA. Di padre in figlio. Una tradizione familiare e una passione calcistica tramandate. I guantoni da portiere dal papà Marino D’Aloisio sono passati dopo tanti anni al secondo genito Marco. Tutti e due a difesa della porta del Lanciano, la squadra del cuore e della città in cui vivono. In epoche diverse, ma con gli stessi colori sociali, quelli rossoneri. Una bella responsabilità in una città che non perdona nulla, calcisticamente parlando, come quella frentana. Specialmente a chi è di casa. Marino D’Aloisio oggi ha 58 anni ed è un dipendente Sevel. Alle spalle ha una onesta (e dignitosa) carriera da estremo difensore: tanti campionati tra i dilettanti, l’ultimo nel 2002 a Tollo, e una stagione in C2, 1988-1989, proprio a Lanciano alle dipendenze di Francesco Giorgini. «Ricordo con emozione il debutto dall’inizio contro il Chieti», racconta l’ex portiere rossonero, «la domenica precedente ero subentrato tra i pali a Delli Pizzi che era stato espulso a Riccione. Lui squalificato, è toccata a me. Proprio nel derby più atteso. E non mi posso lamentare per come è andata». Da lì un girovagare sui campi dei dilettanti, passando da Penne a Termoli fino alla Santegidiese.

Dall’unione tra Marino e la signora Angelica sono nati i figli Carola e Marco. Quest’ultimo sta cercando di ripercorrere le orme del padre. È un classe 2005 che in questa stagione, in Eccellenza, ha messo insieme 18 gettoni di presenza, di cui 15 da titolare: 29 gol subiti e un rigore parato a Sulmona. Ha dato il suo contributo alla salvezza del Lanciano in Eccellenza. «Ad onor del vero papà mi ha sempre consigliato di fare un altro ruolo, ma poi il destino ha voluto così», si schermisce Marco che si divide tra calcio e università, a Chieti, dove frequenta la facoltà di Fisioterapia. Un portiere cresciuto con il mito dello spagnolo Iker Casillas. Esordio contro la Virtus Cupello. Che stress!», sbotta il papà, «il giorno dei play out con il San Salvo è stata una sofferenza stare in tribuna e avere mio figlio tra i pali. Per fortuna, è andata bene», racconta papà Marino che aggiunge: «La verità è che al mare, a San Vito, d’estate con De Iuliis e Manuel Turchi lui (riferito al figlio, ndr) finiva sempre in porta perché era il più piccolo. E parando sulla sabbia ha sviluppato il talento che gli ha permesso di arrivare fino all’Eccellenza».

In campo in questa stagione anche Marco D’Aloisio ha risentito dei problemi della squadra che si è salvata ai play out dopo aver cambiato allenatore e dopo aver sofferto fino all’ultima giornata. Ma nel suo caso la crescita tra i pali evidenziata negli ultimi due-tre mesi è stata evidente agli occhi di tutti. Il futuro è tutto da scrivere, sta di fatto che Marco ha ereditato i cromosomi del portiere da papà e spera di ripercorrere (anche migliorandola) le tappe della sua carriera. «Oggi», sostiene il 58enne Marino D’Aloisio, «il ruolo è cambiato. Il giorno e la notte. Ai miei tempi, alla fine degli anni Ottanta, i piedi erano un optional. Oggi, invece, al portiere, quasi quasi, viene chiesto più di giocare la palla con i piedi che parare con le mani. Io, ricordo che me la cavavo anche con i piedi. Mio figlio comunque è più bravo».

«No, papà devo ancora crescere», la replica di Marco, «devo ancora affinare sia il gioco con i piedi che il lavoro tra i pali. Questa stagione non può che essere una base di partenza». Umiltà nel nome del padre. «Consigli? Divertirsi, prima di tutto. Poi, il tempo dirà. Io mi sono divertito e conservo bei ricordi della carriera tra i pali. Ora tocca a lui», conclude papà Marino fiero di avere un figlio che ha raccolto la sua passione per il pallone e per i guanti.

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