Debora Sbei: con i pattini sul tetto del mondo 

La 27enne giuliese è già una leggenda dello sport: dall’addio alle rotelle alla laurea in arrivo

GIULIANOVA. A 27 anni è una leggenda dello sport. Debora Sbei, principessa del pattinaggio artistico a rotelle, a pochi mesi dal ritiro dall’attività agonistica si racconta al Centro. I progetti e le aspirazioni di un’atleta che nella sua carriera ha vinto tutto (solo ai Mondiali 15 ori) in una disciplina che avrebbe bisogno di maggiore visibilità. La federazione si sta muovendo per renderla sport olimpico e nei prossimi anni il sogno potrebbe avversarsi. Nel frattempo, la campionessa di Giulianova ha iniziato ad allenare e chissà se in futuro qualche suo allievo o allieva potrà ripercorrere le orme della pattinatrice più vincente al mondo. Un titolo condiviso con la triestina Tanja Romano. A breve Debora taglierà un altro traguardo prestigioso. Pochi esami e sarà un ingegnere, come il padre, Delfino. Sua madre, Natalina, le ha invece, trasmesso l’amore per i pattini.
Debora Sbei, a ottobre 2016, dopo la medaglia d’argento ai Mondiali, ha deciso di smettere. E domani inizierà la rassegna 2017 in Cina, avverte un po’ di nostalgia?
«No, ho scelto di fermarmi e non sono pentita. La preparazione per l’edizione 2016 è stata dura, ho sofferto molto e stretto i denti, ma poi ho preferito non dare seguito all’attività agonistica. Ci stavo pensando già prima dei Mondiali dell’anno scorso che si sono svolti a Novara».
Poi, però, ha gareggiato.
«Sì, avevo partecipato alle dieci edizioni precedenti che si svolte tutte all’estero. Non potevo perdermi quella italiana. A Novara c’era un’atmosfera straordinaria e i palazzetti erano sempre stracolmi di gente».
Perché in Piemonte non è arrivato il 16° oro?
«Mentre eseguivo un salto triplo ho poggiato una mano a terra e questo errore mi è costato caro. Nessun rimpianto, siamo atleti, non macchine, capita a tutti di sbagliare. In ogni caso, sono soddisfatta della mia carriera».
La vittoria è andata a Silvia Nemesio. Tra lei e l’atleta romana che rapporto c’è?
«Buono, non ho mai avuto problemi con lei».
Sta dicendo che nel pattinaggio non ci sono invidie e gelosie?
«Come in tutti gli sport agonistici, c’è una forte competizione. Con la Nemesio il rapporto è di grande rispetto, mentre con la Romano il dualismo è stato molto accentuato nel nostro ambiente, dal momento che entrambe abbiamo vinto 15 titoli mondiali. Sinceramente non ho mai dato peso a questi aspetti e con molte ragazze ho trascorso momenti bellissimi».
Per lei è iniziata una nuova vita?
«Sì, ma il pattinaggio è sempre presente. Ho cominciato la carriera di allenatrice e partecipo spesso ad esibizioni in Italia e all’estero. Il mio compito è trasmettere la passione per le rotelle ai bambini e anche ai grandi che desiderano avvicinarsi a questo sport. Lavoro nella società per la quale ho gareggiato, l’Asd Giulianova Pattinaggio, che è presieduta da mio padre».
Perché da piccola ha scelto il pattinaggio?
«È stata mia madre a indirizzarmi verso questo sport. Lei lo ama da sempre, però mio nonno le impedì di praticarlo. Diciamo che la passione per i pattini l’ho ereditata da mia madre, mentre quella per l’ingegneria da mio padre che esercita tale professione. Entrambi mi hanno sempre supportata, a loro devo molto. Quando ho deciso di smettere non ci hanno creduto, poi hanno capito che ero seria e mi hanno consigliato di continuare per un altro anno».
Come si diventa una campionessa?
«Servono talento, sacrifici e qualche rinuncia. Comunque, non avrei mai pensato di ottenere così tanti successi, dal momento che da bambina non vincevo mai. Fino a 15 anni non avevo vinto nemmeno un titolo nazionale, poi è iniziata l’ascesa. Inoltre, devo ringraziare Sara Locarno che è l’allenatrice migliore del mondo e io ho avuto la fortuna di essere guidata da lei».
Le vittorie più belle?
«Senz’altro la prima medaglia d’oro ai campionati mondiali Junior nel 2006 in Spagna. Poi il primo Mondiale Senior nel 2009 in Germania e l’ultimo titolo due anni fa in Colombia».
La vita da atleta è fatta anche di rinunce. Ha cambiato abitudini negli ultimi mesi?
«Beh, innanzitutto ora posso permettermi qualche peccato di gola. Ho sempre amato i dolci, in particolare il tiramisù. Quando gareggiavo, farne a meno era una delle cose che mi pesavano di più. Diciamo che sono stata una vita a dieta e ora sto recuperando un po’. Comunque sia, continuo ad allenarmi in palestra, nella corsa e anche con i pattini visto quando alleno i miei ragazzi».
Qual è il suo rapporto con Giulianova e l’Abruzzo?
«Bellissimo. Amo la mia terra e soffro quando sono lontana da Giulianova. Ho sempre provato un enorme piacere passeggiando sul mare. In passato ho svolto varie preparazioni sul lago d’Iseo perché Sara Locandro, la mia allenatrice, si era trasferita in Lombardia. Non è stato facile, ma ne è valsa la pena».
Successi a parte, cosa le ha dato il pattinaggio?
«Mi ha plasmata come persona aiutandomi a smussare alcuni lati del mio carattere. Sono molto testarda e questo mi ha aiutato ad affermarmi in questo sport, ma grazie al pattinaggio ho avuto la possibilità di attenuare la mia timidezza. Non è che di colpo sia diventata una ragazza espansiva, però da piccola ero riservatissima. Il problema è che nelle gare devi esibirti davanti ai giudici, al pubblico, alle compagne e alle rivali, perciò devi necessariamente scrollarti di dosso i timori. Diciamo che dopo aver versato tante lacrime sono riuscita a superare le paure acquisendo maggiore sicurezza. Inoltre, grazie all’esperienza nei tornei nazionali e internazionali ho avuto la possibilità di visitare molti posti in tutti i continenti soddisfando la voglia di viaggiare che ho sempre avuto».
Ce l’ha un sogno nel cassetto?
«Prima di tutto devo concludere gli studi. Dovrò sostenere altri sei esami prima di laurearmi nella facoltà di Ingegneria all'università di Ancona. Chiaramente continuerò ad allenare. Anzi, rivolgo un appello ai bambini e alle bambine dai quattro anni in su ad avvicinarsi e a praticare questo sport meraviglioso».
In due parole, ci può dire cosa ha di speciale il pattinaggio?
«Quando indosso i pattini e mi esibisco ho la sensazione di volare, anche se poi l’ebbrezza dura pochi attimi. Ed è un’esperienza bellissima. Poi il pattinaggio, come anche altri sport, è una metafora della vita. Durante gli allenamenti capita di cadere, poi ci si rialza e si ricomincia con maggiore determinazione. E nello sport, come nella vita, bisogna lottare per raggiungere gli obiettivi. E l’equilibrio è fondamentale per stare bene».
Lei è fidanzata da 8 anni con un ragazzo di Montesilvano. Annuncio in arrivo?
«No, però tra i miei progetti c’è anche quello di mettere su famiglia».
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