Primo Berlinghieri, ex calciatore del Pescara

CALCIO E COVID19

Ex calciatore del Pescara "dribbla" il virus: «Ho avuto paura di morire»

Berlinghieri pubblica un post liberatorio per festeggiare l’esito dell’ultimo tampone (negativo)

PESCARA. Un post liberatorio su Facebook per festeggiare l’esito dell’ultimo tampone (negativo). Così Primo Berlinghieri ha dato un calcio al Covid-19 e a quasi due mesi vissuti come un incubo. Il dribbling più importante della vita. Abituato ad attaccare sulla fascia, l’ex ala del Pescara della prima promozione in A di Galeone (86-87) è stata costretta a giocare sulla difensiva, chiusa in casa.
«È dai primi di marzo che sto male. Esattamente dal 5 marzo. Mi ricordo la data perché io l’ultima volta che ho dovuto fare i conti con la febbre era il 1985 ed ero a Pescara. Quella sera il termometro è schizzato. Febbre e tosse, proprio quando questa pandemia ha sconvolto la nostra esistenza. Pensavo passasse, niente. Antibiotici e tachipirina. Stavo male, ma non avevo problemi respiratori: per questo motivo non sono stato subito sottoposto a tampone. Ma il 19 marzo scorso mi sono deciso ad andare in ospedale, a Vimercate, provincia di Milano».

Primo Berlinghieri quando giocava con il Pescara
Lì Berlinghieri è stato sottoposto a tampone. Lì Primo ha visto scene che gli sono rimaste impresse nella mente. «Gente in barella nei corridoi, gente attaccata ai respiratori. Un contesto sconvolgente». A tal punto che nemmeno l’esito, positivo, del tampone gli ha fatto paura. «Era un andirivieni di malati», il racconto del 57enne ex attaccante, «e la notte mi hanno detto di andare a casa. Non c’era posto per me. Non stavo abbastanza male da meritarmi un letto d’ospedale». A casa con una raccomandazione: “Torna solo se hai problemi respiratori e continua a prendere i medicinali prescritti”.
Da quel giorno l’idolo della tifoseria biancazzurra degli anni Ottanta è rimasto recluso. «Vivo da solo. La mia ex moglie mi veniva a portare la spesa. Me la lasciava fuori».
Sono stati giorni di cattivi pensieri. Soprattutto uno. «Una serata, per la precisione, che non dimenticherò mai. Ero davanti alla televisione e ho avvertito una fitta dietro al polmone. Ho pensato che fosse giunto il mio momento, perché non riuscivo ad alzarmi. E imprecavo perché non è giusto andarsene da solo, come un cane. Senza un minimo di assistenza. Per fortuna, il momentaccio è passato, ma non faccio altro che pensare a quella gente morta senza nemmeno poter stringere la mano a un congiunto. Pazzesco». Alla fine comunque l’ha spuntata lui, grazie a un fisico resistente che ha schienato il virus. «Il 20 e il 22 aprile ho fatto gli ultimi tamponi. Venerdì scorso mi hanno comunicato l’esito, negativo, verbalmente e ora sono appena rientrato dall’ospedale dove mi hanno consegnato la risposta cartacea». Appena un sorriso, non è il momento di festeggiare. «Aspetto qualche giorno, la possibilità di uscire di casa senza ansie e affanni. Di poter fare un giro in montagna, una passeggiata con il cane. Qualcosa che mi faccia sentire libero dopo tanta clausura». Quasi due mesi chiusi in casa leggendo quotidiani e libri, vedendo tanta televisione. «Spesso ho pensato e ripensato anche all’esperienza pescarese da calciatore. Voglio sempre molto bene ai tifosi biancazzurri». Tanti hanno anche commentato il post su Facebook. Passano gli anni e cambiano i calciatori, ma quel riccioluto che dribblava sulla fascia sinistra resta sempre un idolo per chi l’ha visto all’opera all’Adriatico.
@roccocoletti1. ©RIPRODUZIONE RISERVATA