Fontecchio: io, la serie A e tanta voglia di crescere

Basket, l’ala di Francavilla della Virtus Bologna si è appena diplomata: «Devo tutto alla famiglia che mi ha spinto anche negli studi. La Nba? Un sogno»
PESCARA. Se la tua mamma si chiama Malì Pomilio, campionessa del basket azzurro, se il tuo papà, Daniele, è stato un ostacolista di livello internazionale con tanto di argento europeo, se ancora, tuo fratello Luca, ha già vestito la gloriosa casacca della Virtus Bologna, beh tu non puoi essere da meno.
Questo è quello che deve aver pensato Simone Fontecchio che a soli 19 anni ha già un curriculum da fare invidia a molti e un futuro che, parola di addetti ai lavori, è da “predestinato”. Tanto che gioca, da ala, nella Virtus Bologna e ha fatto la trafila nelle giovanili azzurre fino alla nazionale maggiore.
Fontecchio, dove nasce la sua passione per il basket?
«Dai miei, inevitabilmente. Da piccolo ho provato sia il basket che l’atletica, ma quest’ultima era troppo faticosa. Così verso i 10 anni mi sono concentrato esclusivamente sulla palla a spicchi».
I suoi inizi?
«Con il Viva Villa, squadra di Francavilla, indirizzato da mia madre; successivamente sono passato all’Amatori Pescara. A 14 anni mi ha chiamato la Virtus e da lì non mi sono più mosso. Nel 2013 sono entrato in prima squadra, una grande soddisfazione per me».
Vista anche la tradizione familiare, spesso si parla di lei come un predestinato. Questa pressione la stimola o la spaventa?
Sorride. «Non posso nascondere che mi fa piacere. Ma non sento pressioni, al contrario. So quello che devo fare e cioè lavorare, lavorare e lavorare. E’ l’unica strada per arrivare in alto».
La scorsa estate ha avuto l’ opportunità di andare a giocare in un college americano, ma ha scelto di restare a Bologna. Come mai?
«E’ vero, c’è stata questa possibilità. Credo però di aver fatto la scelta migliore. Anche se a volte gioco poco, o per niente, sento che sto imparando molto dal basket dei grandi. Per stare con loro ho dovuto sensibilmente alzare l’asticella. Un momento importante per la mia carriera».
A proposito della Virtus, l’ anno scorso siete partiti benissimo per poi calare alla distanza. Cosa si aspetta dalla stagione che è alle porte?
«Sarà un campionato difficile, che non parte sotto i migliori auspici se consideriamo i due punti di penalizzazione. Siamo una squadra giovane e forse, anche questo, lo scorso anno ha compromesso il brillante inizio».
Nel 2011 è stato l’ unico italiano invitato al Jordan Classic di Londra. Un altro tassello nella sua ascesa?
«Mi ha dato la possibilità di confrontarmi con i migliori talenti del basket internazionale. Oltre ad avermi fatto piacere, posso dire di essermi divertito molto».
In chiave azzurra?
«La chiamata di mister Pianigiani mi ha riempito d’orgoglio. E’ stato un onore poter indossare la casacca della Nazionale. Ora però devo continuare su questa strada per far sì che non rimanga un caso isolato».
Ha mai immaginato la sua vita da giocatore Nba?
«No. Ovvio, è un sogno per tutti, anche per me. Ma è presto. Per arrivare a certi livelli bisogna buttare tanto sudore. Sono una persona abituata a fare un passo per volta dando tutto me stesso. Per ora è un sogno…per ora».
C’è qualcuno cui si sente di dover dire grazie per i suoi risultati?
«La mia famiglia in primis. Mamma, papà, mio fratello Luca e anche mio nonno. Mi hanno sostenuto in tutto e per tutto. Il loro apporto è stato fondamentale».
E da un punto di vista tecnico?
«Giordano Consolini (allenatore nelle giovanili della Virtus) mi ha guidato per tre stagioni a Bologna. Mi ha dato fiducia, mi ha valorizzato, ha creduto in me. Non posso non ringraziarlo».
L’Abruzzo, in epoca recente, ha avuto in serie A prima Roseto e poi Teramo. Ora invece le cose sono cambiate ed è rappresentato in A2 Silver.
«Ricordo bene. Spesso andavo a vedere partite nei vari palazzetti. Se c’è una cosa che altrove si fa meglio che da noi è puntare sui giovani. I giovani sono alla base del successo, nel basket così come in altri sport. Avere un vivaio di qualità è il primo mattone quando si vuol costruire qualcosa di importante».
Si è da poco diplomato. Un ragazzo con la testa sulle spalle!
«Anche qui è stata la famiglia a spingermi negli studi e ha fatto bene».
Adriano De Stephanis
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