PALLONE IN LUTTO

Il calcio piange Giagnoni, l’allenatore col colbacco 

Ex Cagliari, Milan e Roma, guidò il Pescara nel campionato di serie A 1979-80. Protagonista di una lite con lo juventino Causio, sfiorò lo scudetto con il Torino

PESCARA. Il mondo del calcio italiano è in lutto per la morte di Gustavo Giagnoni. Da tempo malato, il popolare tecnico nativo di Olbia si è spento la notte tra martedì e mercoledì a Folgaria, dove era in vacanza con la moglie, all'età di 85 anni. Tutti lo ricordano come l'allenatore con il colbacco, alla guida di un Torino che sfiorò lo scudetto ed eroe del popolo granata per una scazzottata con lo juventino Franco Causio durante un derby, costatagli un mese di squalifica.
Al Milan ebbe il coraggio di mettere fuori squadra il golden boy Gianni Rivera mentre alla Roma valorizzò Agostino Di Bartolomei, ma non fu capace di capire fino in fondo la grandezza di Bruno Conti. Da giocatore del Mantova fu autore insieme ai compagni di un piccolo miracolo, conducendo i virgiliani, ribattezzati come piccolo Brasile, dalla serie D alla serie A nel giro di cinque anni.

Usava il colbacco non come vezzo ma perché, lui, cresciuto nel clima mite della Sardegna, non sopportava il freddo delle città del nord.
Così cominciò a coprirsi la testa con il colbacco regalatogli da un amico che era stato in Unione Sovietica. «Subito iniziarono le vittorie. Lo tenni per ripararmi dal freddo e anche un po' per scaramanzia», diceva Giagnoni. Erano gli anni del “tremendismo granata”, e lui, l'allenatore col colbacco ne esaltava quell'orgoglioso senso di appartenenza sfiorando lo scudetto nella stagione 1971-72 e ponendo le basi per la vittoria del campionato nel 1976.
Al timone del Pescara, dove subentrò al posto di Angelillo dalla 6ª giornata della stagione 1979-80 in serie A, si rese protagonista di un violento alterco con l'arbitro Gino Menicucci di Firenze durante un incontro con l'Udinese in Friuli il 6 gennaio 1980. Il compianto direttore di gara, già parecchio chiacchierato, ne combinò di tutti i colori: prima assegnò un dubbio rigore ai friulani trasformato Gigi Delneri, poi, dopo aver espulso Giagnoni per proteste (entrò in campo al momentaneo pareggio di Silva), convalidò il gol del 2-1 di Nevio Ulivieri in chiara posizione di fuorigioco. A fine partita lo stesso Giagnoni, trattenuto a stento dall'allora presidente biancazzurro Gianni Capacchietti, sparò a zero contro Menicucci parlando di decisioni premeditate per far perdere il Pescara. Il fischietto toscano, in barba ai regolamenti, violò la clausola compromissoria e querelò il tecnico. La disciplinare, nel frattempo, sanzionò con 6 mesi di squalifica Giagnoni che, in pratica, terminò così l'avventura sulla panchina abruzzese, sostituito per due gare da ''testina d'oro'' Mario Tontodonati, che da ex guidò il Pescara contro la Roma, e fino al termine del campionato da Claudio Tobia. Il tecnico sardo, in ogni caso, si era fatto apprezzare in Abruzzo per aver ridato speranza a una squadra già depressa dopo appena un mese di campionato.

Fra le sue imprese si ricordano i successi contro il Napoli (1-0 siglato da Cinquetti) e Milan (2-1 con reti di Cinquetti e Negrisolo inframezzate dal momentaneo pari rossonero (autogol di Prestanti). Il Pescara retrocesse all'ultimo posto con 16 punti, dietro a Catanzaro e Udinese che riuscirono però a evitare la B grazie alla penalizzazione inflitta a Milan e Lazio per il calcioscommesse. Giagnoni, invece, continuò il suo percorso di allenatore attraverso altre esperienze con Udinese, Perugia, Cagliari, Palermo, Cremonese e Mantova, dove concluse la sua carriera nel 1993 proprio dov'era cominciata nel lontano 1968.
Marco Ratta
©RIPRODUZIONE RISERVATA.