La Nazionale a casa nell’indifferenza
Pochi i tifosi a Malpensa. Buffon: «Abbiamo fatto una brutta figura»
INVIATO A MALPENSA. Peggio, poteva solo piovere. Ecco, appunto. Il malinconicissimo ritorno della comitiva azzurra dal Brasile avviene all’aeroporto di Malpensa in una giornata quasi novembrina e in un clima di indifferenza che stringe il cuore.
Striscioni accusatori, cori astiosi, tifosi incattiviti dall’eliminazione, pomodori pronti al fatidico lancio? Macchè: il nulla. Mentre un minimo di folla (una cinquantina di persone al netto di autisti in attesa dei clienti, di parenti di altri passeggeri e di un’anziana signora che – chissà perché - chiede in giro se per caso c’è pure Abbiati) si accalca all’uscita Arrivi B, quella indicata sui monitor a fianco del volo da Alitalia da Rio de Janeiro (landed at 10:44), per gli azzurri viene organizzata la classica uscita alternativa e blindatissima, cui vengono ammessi solo alcuni fotografi e cineoperatori.
Non c’è il minimo sentore di contestazione – tutt’al più sarebbe stata una blanda caccia a selfie e autografi – ma la passerella in aeroporto è bypassata senza pietà. Giocatori, dirigenti e familiari al seguito scendono dall’aereo e ritirano personalmente il proprio bagaglio sulla pista. Vengono scaricate anche le valigie di chi proseguirà poi per Roma: un po’ di caos ma nessuno ha poi così fretta, anche prima di sapere che il nuovo volo sarà rimandato di un’oretta per il maltempo.
Telecamere, macchine fotografiche ma niente taccuini: non è previsto che parli nessuno, ne c’è chi manifesti la minima intenzione di aggiungere qualcosa alle rammaricate e velenose dichiarazioni rese a Natal. L’uscita dell’Italia dall’aeroporto (e in fondo della stessa ribalta mondiale) avviene nell’anonimo e appartato parcheggio riservato ai dipendenti. È tutto un aprire di sportelli e caricare bagagli, strette di mano, sorrisi stiracchiati e via.
Intorno, la vita dell’aeroporto fluisce fin troppo normalmente. E dire che per il Terminal 1 è una mattinata molto speciale: da un lato il drammone degli azzurri, dall’altro la comicità di Aldo, Giovanni e Giacomo (sul set, per la precisione, c’erano solo gli ultimi due) che proprio ieri giravano a Malpensa una scena del loro film che uscirà a Natale, “Il ricco, il povero e il maggiordomo”. Contrasti: è estate ma sembra autunno, in uno spicchio di aeroporto si ride e nell’altro – almeno metaforicamente – si piange.
Il gruppetto di cronisti e operatori, al di là della recinzione, prova ad attirare l’attenzione dei giocatori. Tra tanti passi lenti e strascicati (ironia della sorte, sembran tutti il reietto centravanti), l’unico ad accelerare verso i microfoni è capitan Buffon. Una visita di cortesia, più che altro. Capisce subito che aria tira: tutti vogliono sapere di Balotelli. «Di questo non parlo, parlo solo di calcio», abbozza Buffon che mentre parla ha già iniziato il viaggio di ritorno verso la valigia lasciata al riparo: «Cosa vi devo dire? Abbiamo fatto un brutta figura». Stop. L’Italia non ha più niente da dichiarare: rimarrà questa l’unica frase milanese strappata all’intera comitiva. Le tv ripiegano sui tifosi, ma sono così pochi che alla fine si contendono pure quelli. Anche loro parlano solo di SuperMario: «Voi giornalisti lo pressate troppo, lasciatelo vivere. Certo, farsi biondo il giorno dopo l’eliminazione è una grossa cazzata». Per i pochi presenti la caccia al prezioso scatto del giocatore-molto-deluso-nel-parcheggio dura poco. L’atto finale è frettoloso assai. Il primo a uscire, solo, su un van, è Mario Balotelli. Immagine altamente evocativa, quasi da film (ah no, il film è dall’altra parte). Poi qualche auto, infine un pullman carico di atleti stanchi e lacerati. Tre minuti dopo la chiusura dello sbarra si aprono le cateratte. Ultimo aggiornamento: peggio, poteva solo diluviare. Fatto.
@Roberto_Torti
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