Formula 1

La strage indimenticata di tre amici ortonesi morti di ritorno dal gran premio

5 Settembre 2025

Nel settembre del 1977 il tamponamento in autostrada prima di Bologna costato la vita a tre giovani tifosi della Ferrari a bordo di una Fiat 128

ORTONA. Un dolore senza tempo, una tragedia dimenticata fuori dai confini comunali, ma nella memoria di chi ha una certa età. Tramandata sulla base di racconti. Ogni anno la vigilia del gran premio d’Italia di Formula 1 a Monza rinnova il dolore di una tragedia per tre famiglie ortonesi e una comunità che non ha dimenticato.

La storia. Era il 1977, esattamente l’11 settembre. 48 anni fa. Una domenica in cui la Juventus di Giovanni Trapattoni infilava sei volte il Foggia e Mario Andretti alla guida della Lotus vinceva il gran premio. C’era la lira, l’euro non era nemmeno nell’immaginario della politica europea. E tre amici ortonesi erano di ritorno dall’autodromo di Monza dopo aver visto il gran premio di Formula 1: Roberto Tatasciore, 22 anni, studente universitario a Pescara, Pasquale Savignano, meccanico, 29 anni, sposato, padre di due figli (Ernesto e Morena: appena un paio di mesi di vita), e Tommaso Recchini, 25 anni, operaio al cantiere Romiti al porto. Erano partiti il giorno prima, all’alba, a bordo di una Fiat 128 di proprietà di Tommaso Recchini per vedere le qualifiche, assistere allo spettacolo del Circus della Formula 1, pernottare in zona per poi vedere dal vivo il gran premio.

A quei tempi una figata pazzesca per tre giovanotti di Ortona. Dalla Brianza erano diretti verso Bologna: erano attesi in serata a cena nel centro del capoluogo felsineo dalla zia di Tommaso Recchini. «Verso le 21-21,30 arriviamo, mi raccomando prepara i tortellini, zia», la raccomandazione. I tre erano in fila, fermi lungo l’autostrada a causa di un precedente tamponamento. Alla guida della macchina di Recchini c’era Tatasciore. Si erano dati il cambio al volante. Erano incolonnati, fermi in prossimità di una curva, quando da dietro è arrivata una Citroen Pallas (modello soprannominato ferro da stiro), il cui conducente non si era reso conto dell’incolonnamento e ha tamponato la Fiat 128. Non ha frenato. Impatto violento, macchina accartocciata, due morti sul colpo, Savignani (era dietro) è spirato nella notte all’ospedale di Bologna. La zia attese invano e andò a dormire verso mezzanotte. All’epoca non c’erano i telefoni cellulari.

Le famiglie sono state svegliate nella notte. Hanno suonato al campanello gli agenti della polizia stradale per comunicare l’avvenuto incidente. Un grave incidente. Un dramma. Nessuno ha pronunciato la parola morte. «Sono in gravi condizioni», solo in seguito la scoperta della tragedia. Amici e appassionati motori. Tifosi della Ferrari, ovviamente. Un viaggio di piacere trasformato in un dramma che ancora oggi vive nel ricordo della comunità ortonese. Ancora oggi le famiglie fanno celebrare le messe in suffragio delle vittime e tengono vivo il ricordo dei tre giovani, morti senza colpa alcuna. Era un privilegio a quei tempi, ottenere i biglietti per il gran premio di Formula 1. E Monza era un appuntamento atteso da tutta l’Italia. Dai ferraristi e non. Pasquale Savignani era un meccanico. Ed era riuscito a ottenere i biglietti per sé e gli amici.

Sembra di vederli la sera prima. “Ciao ragazzi, noi andiamo a Monza, a vedere il gp”, lasciando gli altri con un pizzico d’invidia. Pasquale da un anno era tornato dal Belgio dove era stato per dieci anni dalla zia, così facendo aveva saltato il servizio di leva. Aveva messo su famiglia, aveva lavorato nell’officina di una casa automobilistica che gravitava nell’orbita della Formula 1 in Belgio. I motori erano la sua passione. Aveva autografi e figurine dei piloti dell’epoca, da Clay Ragazzoni a Niki Lauda. E l’officina in contrada Ruscitti era un ritrovo di appassionati di Formula 1 per discutere delle emozioni dell’ultimo gran premio. Savignani e Recchini abitavano nella periferia di Ortona, uno di fronte all’altro. Erano cresciuti insieme. La sorella di Tommaso Recchini, Liliana, ricorda quei giorni: «Papà non voleva che Tommaso andasse. Ma mio fratello fece di tutto e papà alla fine cedette al braccio di ferro. Era destino».

Nessuna condanna per l’accaduto, lo strascico giudiziario si concluse con un nulla di fatto e i parenti delle vittime videro il conducente della Citroen Pallas - marchigiano - solo in un’occasione durante il processo. Tragedia la domenica sera e funerali fissati il martedì pomeriggio a Ortona, allora amministrata dal sindaco Domenico Bernabeo.

Lutto cittadino. Il lunedì l’agenzia funebre locale inviò una macchina per andare a prendere i corpi dei tre giovani riconsegnati dalle autorità giudiziarie di Bologna. Funerale fissato al pomeriggio di martedì in pieno centro nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Città ferma, tutti in attesa del ritorno del carro funebre per piangere sulle bare. Ma il carro funebre non arrivava. Era in ritardo perché a sua volta era stato tamponato sulla strada del ritorno. Quindi i funerali si svolsero all’imbrunire. Era abitudine che le bare sfilassero lung il corso principale per raggiungere la chiesa. Migliaia di persone ai bordi della strada per l’ultimo saluto. Uno strazio. I tre amici furono tumulati uno affianco all’altro al cimitero di Ortona. Ogni anno il dolore si rinnova per le famiglie e l’eco di quella tragedia rimbomba ancora oggi. A distanza di mezzo secolo in coincidenza con il gran premio di Formula 1. E da oggi a domenica si tornerà a correre.

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