Calcio

Sassate contro il bus del Chieti: vetro sfondato, il terrore dei giocatori

17 Novembre 2025

Momenti di panico a bordo del pullman. Il racconto di un calciatore: «Sono usciti da una strada laterale e hanno tentato di bloccarci»

CHIETI. Sono sbucati dal buio. Come fantasmi armati di rabbia, una ventina di uomini, forse di più, che hanno tentato di bloccare la strada. Erano a piedi, fermi nell’oscurità di una via secondaria, e attendevano. Aspettavano il pullman neroverde, quello con i loghi e i colori del Chieti calcio. La squadra tornava da Recanati, portandosi addosso il peso di un’altra, pesante sconfitta nel girone F del campionato di serie D. Un 2-0 che non era solo un risultato sportivo, ma il sigillo su una stagione disastrosa.

Quella sconfitta era l’ultima figuraccia, il tradimento finale di un’ambizione crollata. E qualcuno, tra gli ultrà del Chieti, in quel buio in territorio marchigiano, aveva deciso che la squadra dovesse pagare. L’agguato è scattato in un istante. Non una contestazione: una sassaiola in piena regola. Una pioggia di pietre e altri oggetti scagliati a ripetizione contro il mezzo che trasportava i giocatori e due dirigenti.

A bordo è stato il panico totale. In quei secondi, l’adrenalina della partita è svanita, sostituita dal terrore puro. I passeggeri hanno sentito i colpi, sordi e violenti, contro la carrozzeria. Poi il rumore del vetro esterno che cede. Il primo strato del finestrino è andato in frantumi. Si è rischiato il peggio. I giocatori hanno tentato di mettersi al riparo, mentre fuori le urla degli ultrà cercavano di fermare il mezzo. La mente, in quegli attimi di grandissima tensione, corre veloce. È corsa all’incubo recente, alla tragedia di Rieti. Al ricordo di quell’autista morto proprio durante un assalto simile, sferrato dai tifosi di basket. La paura era quella.

L’autista, però, è stato l’eroe della serata. Ha avuto una freddezza che ha salvato la situazione. Non ha perso il controllo, né del mezzo né dei nervi, mentre gli aggressori tentavano di bloccarlo. Uno dei giocatori, ancora sotto choc, lo ha raccontato così: «Sono usciti da una strada laterale e hanno tentato di fermare il pullman». Volevano bloccarli, forse per un “processo” sommario in mezzo alla strada.

L’autista ha fatto l’unica manovra possibile. «Ha allargato la traiettoria, per evitarli», ha continuato il giocatore, «poi abbiamo sentito il botto e siamo riusciti ad allontanarci». Ha schiacciato sull’acceleratore, superando il blocco. È stata la loro salvezza. Il bus ha lasciato quella strada isolata, un luogo che, secondo una prima ricostruzione ancora da confermare, era poco prima dell’ingresso dell’autostrada A14. La fuga è proseguita in direzione Abruzzo. Per fortuna, nessuno è rimasto ferito. Questo raid, però, non è un gesto isolato. Non è la follia di un momento. È il culmine, l’atto finale, di una settimana che a Chieti è stata di altissima tensione. La tifoseria organizzata aveva rotto con la società. Il clima era pesante. Li avevano attaccati duramente, accusandoli di una valanga di promesse non mantenute. Si era partiti sognando la vittoria del campionato, si ritrovano a lottare con il rischio della retrocessione. Un tradimento delle ambizioni che ha covato sotto la cenere, fino a esplodere nel modo più violento.

Quando il pullman è arrivato allo stadio Angelini, non era solo. Lo aspettavano polizia di Stato e carabinieri. Agenti in borghese e in divisa presidiavano l’esterno dell’impianto, pronti a evitare ulteriori contatti. Ma la contestazione si era già consumata. All’arrivo, solo il silenzio e la presenza delle forze dell’ordine. Nessun gruppo ad attenderli, a eccezione di qualche tifoso che, uscendo dal bar, ha mandato all’altro paese la squadra. Un epilogo surreale dopo il terrore puro. Ora, su quel raid, sono in corso le indagini. L’obiettivo è identificare gli autori, dare un nome e un volto a quelle venti ombre sbucate dal buio per trasformare la delusione sportiva in un agguato criminale.

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