Sebastiani: «Il progetto? Giovani e niente follie»
Il presidente svela il nuovo Pescara: «Spesi troppi soldi, basta contratti pluriennali La panchina? Vedremo cosa proporranno Pavone e Repetto, non ci sono favoriti»
PESCARA. Il conto alla rovescia è cominciato. A breve il Pescara annuncerà il nome del nuovo allenatore. Sarà un momento fondamentale per rendere esplicito il progetto tecnico del club, in particolare riguardo al tipo di gioco che verrà proposto. Daniele Sebastiani illustra il suo programma che poi non è affatto dissimile rispetto a quello della passata stagione. Un torneo ambizioso, giovani promesse, qualche elemento di esperienza e, possibilmente, un calcio divertente. In questi giorni, anche lui è attratto dal clima-Mondiali. Il presidente biancazzurro si gode la presenza dei suoi pupilli, in primis quella di Marco Verratti.
Sebastiani, tutto pronto per il nuovo corso?
«Lavoriamo per far crescere la nostra struttura. Non ci saranno rivoluzioni, il nostro progetto è in atto già da un po’. Bisogna investire sui giovani e nella nostra rosa ce ne sono tanti molto affidabili».
Chi guiderà il Pescara l’anno prossimo?
«Giorgio Repetto e Peppino Pavone hanno iniziato le consultazioni già da qualche giorno. A breve saprete su chi ricadrà la scelta. I nomi che circolano sono veri. A me piacciono tutti: Baroni, Giampaolo, Nicola. E non è escluso che possa aggiungersi qualcun altro».
Non ha citato Zdenek Zeman. Perché?
«Mi sembra difficile, ma non è un problema. Da tempo seguiamo anche altre piste».
In pole ci sarebbe Marco Giampaolo, l’abruzzese corteggiato da tempo, che l’anno scorso rifiutò la vostra offerta.
«Non so chi sia il favorito. Non ci sono preclusioni nei confronti di Giampaolo. Abbiamo due direttori che si stanno occupando della questione, spetta a loro tale responsabilità. Quando arriverà il momento Repetto e Pavone ci spiegheranno le motivazioni e, se saranno condivise dalla società, verranno sottoscritte».
Campagna acquisti: ci saranno tanti arrivi?
«Ce lo dirà l’allenatore. Di sicuro prenderemo qualche ragazzo di prospettiva e altri più esperti. Non faremo spese folli, questo è assodato. Togliendo Palermo e Spezia, l’anno scorso abbiamo investito più di tutte. Eppure abbiamo chiuso il campionato lontano dalla vetta. Spesso gli stipendi non definiscono il vero valore del calciatori: di certo non faremo contratti pluriennali agli ultratrentenni, al massimo un annuale con l’opzione di rinnovo».
Parliamo di Mondiali. Verratti, Immobile, Insigne, Perin e Quintero in Brasile. Che effetto le fa?
«La loro presenza ci rende orgogliosi. Significa che in questi anni qualcosa di buono è stato fatto. Il nome di Pescara è tornato a circolare sulle bocche di tanti addetti ai lavori. Nonostante le tante critiche ricevute, per la società è un motivo di soddisfazione. Anche nell’anno della retrocessione in serie A, siamo riusciti a mettere in mostra alcuni ottimi calciatori».
Si riferisce a Quintero e Perin?
«Non solo, anche a Bjarnason che è finito ad una squadra di serie A e lo stesso Celik che per me è un buon giocatore. Quintero ha un talento immenso, purtroppo non abbiamo potuto ammirarlo per l’intera stagione a causa degli infortuni. Non mi sorprende la scelta del ct della nazionale colombiana di inserirlo nella lista dei convocati. Su Perin non mi sono sbagliato: è un portiere dal sicuro avvenire. A Pescara ha subito critiche eccessive. Qualcuno diceva che lo facevamo giocare per assicurarci il premio di valorizzazione, invece adesso fa parte della nazionale maggiore«.
Addirittura Verratti è un titolare. Se lo aspettava dal primo minuto contro l’Inghilterra?
«Certo, mi sarei meravigliato se fosse andato in panchina. Però in quel centrocampo così assortito le sue qualità non possono essere valorizzate. Non mi convince il tandem con Pirlo: in quel modo Verratti è costretto a fare il compitino. Comunque Marco ha confermato di avere una personalità fuori dal comune. In campo sembrava un veterano, invece è alla sua prima esperienza a questi livelli».
Nelle prossime gare vedremo dall’inizio anche Immobile e Insigne?
«É un errore lasciarli fuori. Li schiererei in un tridente offensivo completato da Cerci e alle spalle punterei su un centrocampo a tre. L’Italia fa tanto possesso palla, ma verticalizza poco. Vorrei una nazionale più spregiudicata, anche se alla fine contano i risultati e Prandelli li ha sempre ottenuti».
Giovanni Tontodonati
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