Atri, declassata anche urologia

31 Agosto 2011

L'ospedale perde un altro reparto, le proteste di Monticelli e Cgil

ATRI. Il reparto di urologia dell'ospedale di Atri entro settembre sarà ridotto a semplice day surgery. Nel reparto non si potranno fare cioè interventi che prevedono la degenza anche di notte. E' uno degli effetti dell'atto aziendale adottato dal direttore generale Giustino Varrassi. Immediata la presa di posizione del Comune di Pineto e della Fp Cgil.

"Urologia è la sintesi di quel che è l'ospedale di Atri", osserva Delo Tosi della Fp Cgil, "dove si lavora al di là del proprio dovere: dal 2005 in urologia tre medici portano avanti il reparto, con un impegno massacrante, fanno infatti 20 reperibilità al mese e il massimo è 10. E' un esempio dello spirito di abnegazione degli operatori sanitari di Atri, solo per dare un servizio ai pazienti".

L'anno scorso il reparto ha fatto oltre 450 ricoveri e, dal 2008 al 2010, una media di 400 interventi che non potranno essere effettuati perchè il day surgery di notte chiude. "Ora i pazienti andranno a ingrossare le file della mobilità passiva", aggiunge Tosi, "se poi per un contentino politico vogliono chiudere questo reparto per aprirlo in altro presidio, senza alcuna strategia ma solo per accontentare gli amici, la sanità andrà a finire ancora peggio di adesso".

Tosi non lo dice, ma il riferimento è all'unità semplice dipartimentale che secondo l'atto aziendale dovrebbe essere aperta a Giulianova di cui, si vociferava fino a qualche tempo fa, sarebbe nominato responsabile Corrado Robimarga, ex assessore a Teramo.

Intervengono anche il sindaco Luciano Monticelli e l'assessore al sociale Vincenzo Fiorà con una lettera ai cittadini. Danno le cifre dell'attività del reparto nel 2010: interventi principali: 287; in day surgery: 84; ambulatoriali in sala operatoria: 128; ambulatoriali in reparto: 53. "Si evince come la riconversione di un reparto con un attività chirurgica simile, considerato anche che nella Asl di questa provincia l'unico altro reparto con attività chirurgica è a Teramo, porti a un accentramento del servizio nel solo capoluogo (dove non risultano aumentati i posti letto), con conseguente aumento dei tempi di attesa e, necessariamente, con una diminuzione dell'assistenza in un territorio molto vasto, costringendo gli utenti a tragitti lunghi e disagevoli. Quindi la solita domanda sorge spontanea: dove e come si pensa di assistere queste persone? Inoltre, qualora si decidesse di aumentare i posti in altri ospedali, bisognerebbe assumere nuovo personale. Quanto ci costerà tutto questo? Non è più economico mantenere ciò che abbiamo già (e funziona bene!), magari potenziandolo?". (a.f.)

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