Azioni della Tercas "azzerate", i piccoli azionisti in tribunale

Federconsumatori: l’80 per cento di loro farà azioni giudiziarie o valuterà transazioni per riavere i propri soldi

TERAMO. Il giorno dopo lo svelamento ufficiale del buco da 602 milioni di Tercas e delle modalità con le quali la banca verrà salvata non è un giorno di sollievo, ma di dolore e veleni, a Teramo e dintorni. Perché ora – dopo due anni di silenzi e voci incontrollate – si sa con certezza che il salvataggio firmato Popolare di Bari comporterà l’azzeramento totale della governance abruzzese della banca e la sparizione degli azionisti locali, grandi e piccoli.

Oggi il presidente della Fondazione Tercas Mario Nuzzo in una conferenza stampa dirà la sua. E diranno la loro con un comunicato anche gli azionisti minori di Tercas che per riavere i propri soldi hanno avviato una “class action”. Intanto, però, il loro referente Ernino D’Agostino (Federconsumatori) annuncia: «Proprio in questi giorni i 230 azionisti a noi associati stanno ricevendo da Tercas i documenti richiesti con le lettere di reclamo. Stiamo analizzando caso per caso e finora, nell’80 per cento dei casi, si rilevano criticità tali da consentire la promozione di un’azione giudiziaria. Attiveremo al più presto le cause per gruppi omogenei, e se ci saranno i presupposti per chiudere accordi transattivi lo faremo». Non a caso il commissario di Tercas Riccardo Sora ha accantonato 17 milioni per far fronte alle cause con i clienti: in corso San Giorgio si sa da tempo che ci sarebbe stato da fronteggiare le ragioni di chi, nel grande buco di Tercas, ha visto svanire risparmi e investimenti.

Sul cadavere della vecchia Tercas, quella a guida teramana che fa parte ormai del passato, si dà battaglia anche la politica cittadina. Ieri la candidata a sindaco del Pd Manola Di Pasquale ha inviato al Centro una nota in cui accusa il centrodesstra di non aver fatto nulla, in questi due anni, per salvare anche solo un residuo di teramanità nella governance della banca. Manola ricorda che il salvataggio di Tercas, così come sancito da Bankitalia, avverrà «soltanto se: si annullano tutte le precedenti azioni facendole diventare carta straccia, e quindi si eliminano tutti i precedenti azionisti ivi compresa la Fondazione Tercas; si esclude il diritto di opzione sulle nuove 230.000.000 di azioni ordinarie (sottoscrizione unitaria di un euro); e quindi le nuove azioni possono essere acquisite soltanto dalla Banca Popolare di Bari e da nessun altro (solitamente gli azionisti hanno il diritto di opzione sulle nuove azioni emesse, l’esclusione può essere effettuata soltanto se sussistono interessi particolari attestati da perizia tecnica). Per raggiungere tale obiettivo la Fondazione Tercas qualche mese fa ha concesso la gestione totale di tutto il pacchetto azionario (65%) alla Banca Popolare di Bari. Ed allora ci si domanda: il ritorno in bonis della Tercas chi favorisce? Che cosa ha fatto la politica di centrodestra ed il sindaco di Teramo (maggiore azionista della Fondazione Tercas) in questi 24 mesiper conservare la teramanità della Banca Tercas? E che cosa ha fatto per tutelare e preservare l'azionariato minore ? Il sindaco ed i componenti del Cda della Fondazione Tercas designati dalla politica hanno compreso che rinunciare al diritto di opzione significava impedire agli azionisti locali e minori ed anche alla Fondazione, di acquisire le nuove azioni? Significava cioè cedere il 100% della Tercas alla Popolare di Bari.? Hanno capito che l'accettazione incondizionata di tale modalità di ritorno in bonis favorisce soltanto il sistema bancario e non il nostro territorio ed i nostri azionisti locali? Forse tale scelta era indispensabile per la sopravvivenza della banca, come scrive il Commissario nella relazione, ma a quale prezzo per il territorio. Con l'approvazione degli ordini del giorno del 29 luglio Tercas non esisterà più come banca locale ma sarà tutta Banca Popolare di Bari; ed alcun beneficio riceverà il nostro tessuto economico visto l'annullamento di tutte le azioni e la perdita secca di ingenti somme da parte di aziende e professionisti. Il presidente della Fondazione ha sempre dichiarato che La Fondazione sarebbe rimasta presente nell'azionariato con una quota di minoranza (10-15%), non è assolutamente vero visto che la Fondazione non potrà partecipare all'acquisto delle nuove azioni. Dove sono stati», conclude Manola Di Pasquale, «il sindaco Brucchi ed i suoi amici politici di centrodestra in questi ultimi due anni ?».

Richiesto di una replica, Maurizio Brucchi non si sottrae e dice: «È assodato che alla base di quello che è accaduto alla nostra banca c’è qualcosa di criminale, oggetto di procedimenti giudiziari, e nessuno poteva pensare che il danno fosse di così rilevante entità. L’alternativa al salvataggio tramite Bari era il fallimento, la liquidazione di Tercas. In questo momento gli unici a pagare sono gli azionisti, perché obbligazionisti e correntisti non hanno subito un danno. È chiaro che non si doveva arrivare a questa situazione, e vedremo poi perché è avvenuto, ma forse qualcuno – tra cui Manola Di Pasquale – preferiva che la banca fosse liquidata e si perdesse il patrimonio dei posti di lavoro? Peraltro, vi dico che non è escluso che la Fondazione dopo il salvataggio della banca possa entrare e avere un ruolo. Cosa abbiamo fatto in questi due anni? Manola era distratta e non si è accorta che si è cercato di creare una banca regionale, forse in quel momento era occupata in altro perché si occupa del territorio solo da quando si è candidata a sindaco. Il tentativo con le quattro Fondazioni abruzzesi c’è stato e i sindaci hanno fatto la loro parte, ma neanche questo è stato possibile perché Bankitalia ha detto che non c’erano i presupposti. Tutte le attività legittime possibili che la politica ha potuto fare sono state fatte. Anche la realtà politica cui appartiene Manola ha lavorato in tal senso, l’unica ad essersi disinteressata è proprio lei. Quello che ha fatto il sindaco Brucchi non lo ha gridato ai quattro venti ma lo ha fatto nelle sedi deputate, poi non è stato possibile centrare l’obiettivo perché il danno era così grande che le Fondazioni non riuscivano a coprirlo».

Di sicuro al territorio teramano mancheranno gli aiuti che la Fondazione Tercas garantiva grazie ai dividendi delle azioni Tercas. «È vero», risponde Brucchi, «che c’è un danno, ma la Fondazione mantiene tutto il suo patrimonio, può metterlo a rendita e quindi continuare a svolgere un ruolo di aiuto ai territori. È chiaro, non ha più i dividendi, ma questa storia non c’è più. Bisogna farsene una ragione e capire che si doveva scegliere il male minore».(d.v.)

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