Biasi nei guai per due bancarotte

Il banchiere già rinviato a giudizio a Teramo per l'inchiesta Bluterma

TERAMO. Una richiesta di rinvio a giudizio e un processo già fissato per bancarotta preferenziale: sono ben più pesanti le accuse che la procura teramana mette nero su bianco per Paolo Biasi.

Macigni che si abbattono sul banchiere imprenditore presidente 72enne della Fondazione Cariverona, primo azionista italiano di Unicredit, in questi giorni alla ribalta per la scalata dei libici. Il suo nome compare su due diversi fascicoli aperti dalla procura teramana: uno per il fallimento della Bluterma e l'altro per il fallimento della Bluradia, due aziende gemelle di Colonnella del gruppo Biasi specializzate nella produzione di radiatori e chiuse nel 2008. Per il primo il banchiere, all'epoca presidente del consiglio d'amministrazione, è già stato rinviato a giudizio con l'accusa di bancarotta preferenziale al termine di un'inchiesta del pm Davide Rosati. L'11 gennaio 2011 è fissata la prima udienza davanti ai giudici del tribunale. Con Biasi è imputato anche Francesco Salvatore Dattoli, altro amministratore. Per il fallimento della Bluradia, il pm Bruno Auriemma, dopo l'avviso di conclusione delle indagini, ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio sempre per bancarotta preferenziale. Con Biasi anche il fratello Eugenio Giovanni e ancora Dattoli.

LE DUE INCHIESTE. Partono a distanza di pochi mesi l'una dall'altra le due inchieste sul fallimento delle aziende teramane del gruppo Biasi spa oggi in liquidazione. La prima nasce dopo la chiusura della Bluterma. Biasi ne è il presidente del consiglio d'amministrazione e in questa veste, secondo quanto ipotizzato dalla procura, avrebbe utilizzato fondi della società, già ammessa alla procedura fallimentare, a favore di un'altra azienda del gruppo. Le indagini vengono affidate agli della Finanza agli ordini del colonnello Roberto Di Mascio. E' un macchinario scomparso a far insospettire le Fiamme gialle che riescono a ricostruire i movimenti del costoso apparecchio del valore di due milioni di euro finito in Turchia. Secondo la Finanza quell'apparecchio sarebbe stato sottratto all'attivo patrimoniale dell'azienda fallita. Il che, tradotto in parole semplice, significa che non sarebbe stato usato per soddisfare le richieste di tutti i creditori. Per quanto riguarda il fallimento Bluradia la procura ipotizza la vendita di un opificio ad un'altra società riconducibile al gruppo. Biasi, secondo l'accusa, gestendo la tesoreria attraverso un accordo di "cash pooling" - l'intesa tra società di uno stesso gruppo per affidare a un unico soggetto la gestione delle disponibilità finanziarie - avrebbe utilizzato fondi dell'azienda già in procedura concorsuale per effettuare investimenti in un' altra industria del gruppo.

LA REPLICA DI BIASI. «Biasi affronterà con estrema tranquillità il processo confidando nel sereno ed equilibrato giudizio della magistratura» si legge in una nota della Biasi Spa. Il gruppo si difende sostenendo che «considera l'acquisto fatto pienamente lecito. Esso avvenne infatti mediante accollo dell'imponente debito residuo verso le banche che vantavano un rilevante credito garantito da ipoteca sull'immobile». Per il sindaco leghista di Verona Flavio Tosi colpisce «la tempistica con cui sono uscite le notizie di un'indagine in corso da due anni pochi giorni prima del rinnovo dei vertici di Fondazione Cariverona». La riunone è prevista per oggi.

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