Crollo della discarica, in aula Chiodi "Mi fidavo delle relezioni dei tecnici"

8 Marzo 2012

Il presidente della Regione è stato interrogato per circa quattro ore davanti al giudice del tribunale di Teramo Domenico Canosa nell'ambito del processo per il crollo della discarica

TERAMO. È durato circa quattro ore, stamattina, l'esame a cui il presidente della Regione Gianni Chiodi si è sottoposto come imputato, davanti al giudice del tribunale di Teramo Domenico Canosa e alle parti, nell'ambito del processo per il crollo della discarica La Torre.

Chiodi all'epoca dei fatti era sindaco di Teramo e - come gli altri amministratori pubblici coinvolti nella vicenda - è accusato di crollo colposo perché, secondo l'accusa, avrebbe permesso che nella discarica comunale si continuassero a scaricare i rifiuti di Teramo e dei comuni vicini anche quando l'impianto era saturo e anche dopo che a La Torre si erano verificati alcuni smottamenti che potevano far temere un evento disastroso, poi verificatosi nel febbraio del 2006. Chiodi è stato a lungo incalzato sulle proprie responsabilità dal legale delle parti civili (gli abitanti della zona) Tommaso Navarra, e si è difeso evidenziando la separazione tra ruolo politico e ruolo tecnico.

«Se i tecnici mi mettono per iscritto che si può continuare a scaricare rifiuti e che non ci sono pericoli di crolli», ha detto in sintesi il governatore, «non vedo perché io non debba credergli e adottare, di conseguenza, gli atti politici ritenuti più convenienti per la collettività». Quando gli è stato chiesto che idea si fosse fatto della vicenda e in particolare delle cause del disastro, Chiodi ha risposto: «Credo che i rifiuti a La Torre potessero essere abbancati in maniera diversa».

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