TERAMO

Finti matrimoni a pagamento per avere la cittadinanza italiana 

La Procura indaga su un giro di unioni tra cittadine marocchine e teramani  Per ora in due sotto accusa, pagamenti fino a mille euro 

TERAMO. Lo scambio delle fedi, la firma dei testimoni. La registrazione delle nozze, le notti passate sotto lo stesso tetto in attesa della visita delle forze dell’ordine per verificare la regolarità. Poi, dopo qualche mese, ognuno per la sua strada: la sposa, di nazionalità marocchina, con un permesso di soggiorno regolare che, trascorsi cinque anni senza intoppi, si può trasformare in una cittadinanza, e lo sposo teramano con qualche migliaio di euro in più in tasca.
È il business dei falsi matrimoni per regolarizzare stranieri, perché c’è sempre un modo di spillare soldi a un esercito di disperati, pronti a tutto per un permesso di soggiorno pagando connazionali e italiani senza scrupoli. È un’inchiesta con due indagati, per ora, e un’accusa di falso ideologico e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina quella che la Procura teramana (Stefano Giovagnoni il pm titolare del fascicolo) ha aperto su un giro di presunti casi avvenuti a Teramo città. Un’indagine nata dagli accertamenti svolti dai carabinieri della compagnia di Teramo che hanno messo insieme ricostruzioni e testimonianze.

Ora le indagini mirano a intercettare gli organizzatori del tutto, probabilmente connazionali pronti a far pagare migliaia di euro il pacchetto completo: ovvero il viaggio e il finto marito. L’obiettivo, ora, è anche quello di accertare l’esistenza di una vera e propria organizzazione che, come spesso succede laddove si profila la possibilità di guadagnare sugli immigrati, è gestita dai connazionali delle vittime.
In questa inchiesta le indagini hanno accertato almeno due casi con donne marocchine arrivate a Teramo per sposare altrettanti teramani pronti al fatidico sì in cambio di soldi: fino mille euro. Uno schema già sperimentato in tante altre inchieste nate sul fenomeno a livello nazionale con tappe ben definite.

Dopo il matrimonio, infatti, la seconda tappa è quella di presentarsi in questura per chiedere il ricongiungimento familiare. Così come prevede la procedura gli agenti avvisano che effettueranno un controllo a casa per verificare la residenza della sposa. La recita dei finti coniugi prosegue in attesa della visita dei funzionari dell’ufficio immigrazione. Successivamente, dopo il via libera, iniziavano le pratiche per ottenere il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare che, dopo cinque anni, in questo caso può anche diventare una cittadinanza. Con buona pace di tutte le norme che regolano il complesso iter dell’ottenimento della cittadinanza.

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