storie di coraggio

I sogni di Lusiana: "Camminare ancora e diventare preside"

La maestra di Notaresco rimasta paralizzata dopo la caduta da un muro scrive al premier Renzi: "Un ascensore nella mia scuola"

NOTARESCO. Lusiana ti porta dritto al cuore di questa storia. E dei suoi sogni: «Tornare a camminare e diventare preside perchè la scuola per me è tutto».

Nei giorni caldi della riforma che divide governo e prof, Lusiana scrive una email al premier Matteo Renzi per chiedere un ascensore nell’istituto in cui insegna: «Chissà se risponde, io intanto ci ho provato». Perchè questa giovane donna di 31 anni, sorriso che conquista e forza che travolge, dal 2010 è su una sedia a rotelle. E’ la maestra rimasta paralizzata dopo che il muretto esterno della scuola di Pineto in cui insegnava crollò e lei fece un volo di tre metri riportando una compressione del midollo spinale. Dal primo settembre Lusiana Rapone, nel 2007 laurea a pieni voti in scienze della formazione primaria con specialistica nel sostegno, è diventata di ruolo: «E da quel momento ho ripreso a vivere immaginando il mio futuro». Oggi è l’insegnante di sostegno di due bambini che frequentano la terza e la quarta elementare dell’istituto comprensivo di Notaresco e ama citare il poeta irlandese William Butler: «Educare non è riempire un secchio ma accendere un fuoco».

Cosa pensa della riformache in questi giorni sta infiammando il mondo della scuola?

«Ci sono aspetti, ma sono sicuramente minimi, che potrebbero essere considerati. Ma è poco rispetto a tutto il resto che non può andare. A cominciare dal ruolo dei presidi. Con questa riforma diventano dei dittatori. Io penso che ogni cambiamento debba essere condiviso con chi sta sul campo, con chi ogni giorno vive nel mondo della scuola».

Perchè è tornata ad insegnare dopo l’incidente?

«Non è stato facile perchè dopo l’incidente la mia vita è stata stravolta. Ma finiti gli anni della riabilitazione, finite le lacrime, sono tornata a vivere ed inseguire un futuro. Di cui la scuola è grande protagonista. Perchè io sin da piccola volevo insegnare e mi sono laureata per fare questo lavoro. Quando c’è stato l’incidente ero già al mio terzo incarico di supplenza. Ma quando è arrivata la nomina di ruolo ero spaventata, spaventata dalle reazioni che questa mia condizione avrebbe potuto suscitare soprattutto nei genitori. Perchè quando si ha un figlio con problemi di disabilità non è facile affrontare il resto. E invece a scuola ho trovato rispetto. A cominciare dai genitori che mi hanno dato grande fiducia. Ma ho trovato delle colleghe speciali che si chiamano Gabriella Brandimarte, Lucia Ettorre, Daniela Di Martino e Silvana Cornice e la preside Antonella Battelli che sin dall’inizio mi ha spronata ad andare avanti, a dare il meglio di me. E oggi sono un’insegnante del team.

Cosa hanno detto i bambini quando è entrata per la prima volta in aula?

«Per me la sedia a rotelle non è un ostacolo e con loro diventa ancora di più un gioco. Per i bambini niente è una barriera. Io sono la loro maestra. Il rapporto che si è instaurato in aula è veramente un rapporto speciale. Perchè i bambini vanno ascoltati sempre.Con loro ci sono momenti meravigliosi che mi hanno ridato la gioia di vivere. A loro insegno a non mollare mai e a credere nei sogni».

Ma quanto è stato difficile ricominciare?

«Io non amo piangermi addosso. Sicuramente è stato difficile ma nei centri riabilitazione in cui sono stata ho incontrato tante persone con storie veramente difficili. E ho capito che se loro hanno avuto il coraggio di ricominciare, allora anch’io potevo farcela. Certo non finirò mai di ringraziare mia madre Rita, mia sorella, la mia amica Paola e i miei tantissimi amici che mi hanno aiutato a ricominciare a vivere. Mia madre è un mito, una presenza costante e continua che mi ha sempre incoraggiata».

Cosa ricorda del giorno dell’incidente?

«Io ero uscita da scuola per rispondere ad una telefonata. Avrei dovuto sedermi su una panchina, invece mi sono appoggiata al muretto così come tante volte avevo fatto in passato. E’ stato un attimo. Mi sono ritrovata con i calcinacci addosso, ma ho avuto la forza di allungare la mano e raccogliere il telefono cellulare con cui ho chiesto aiuto».

E’ in corso un processo su quell’incidente. Cosa si aspetta?

«Il processo va per conto suo e io non ci penso. La vittoria più grande l’ho conquistata da sola ed è stata quella di tornare a scuola perchè il mio futuro è lì, con i miei alunni e gli altri insegnanti».

©RIPRODUZIONE RISERVATA