Il mistero di Giulia, ora s’indaga per prostituzione minorile 

La Procura distrettuale chiude l’inchiesta sul 29enne trovato con le foto osè della vittima sul cellulare. L’accusa: immagini di minorenni in cambio di soldi e regali. S’ipotizza anche la pornografia minorile

TORTORETO. E’ un’inchiesta che scende nel baratro più profondo per scoprire nuovi scampoli di verità e codificare altre ipotesi di reato che allungano ombre ancora più inquietanti sul caso di Giulia Di Sabatino, la 19enne di Tortoreto precipitata da un viadotto dell’A14 nel settembre del 2015. Perchè a chiusura del fascicolo per pedopornografia il pm David Mancini della Procura distrettuale antimafia dell’Aquila (competente per il tipo di reato) accusa un 29enne giuliese, già indagato per detenzione di materiale pepornografico, anche di prostituzione minorile (l’articolo 600 bis del codice penale) e pornografia minorile (l’articolo 600 ter).

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Raccontano gli atti, frutto di complesse indagini, che sul suo telefono cellulare sono state trovate foto osè di Giulia e di altre due ragazze all’epoca in cui tutte avevano 17 anni, quindi erano minorenni. Sessanta le foto di Giulia, una decina quelle delle altre. Foto che, sostiene l’accusa, sarebbero state divulgate anche attraverso WatsApp e che l’uomo avrebbe avuto «in cambio di piccoli regali e somme di denaro». Ma non solo. Il pm, nel collegare con scrupolo investigativo i vari fatti avvenuti tra agosto 2013 e l’estate successiva, ipotizza scenari ancora più inquietanti in un mercato dell’on-line c he tutto centrifuga e troppo anestetizza. E mette in capo all’uomo l’accusa di aver prospettato alle ragazze «anche la possibilità di guadagnare denaro facendosi riprendere in versione hard dalle web cab on line predisposti in alcuni siti internet». Ma in che modo questa inchiesta interseca quella riaperta dalla Procura teramana (dopo la decisione del gip di non archiviare accogliendo l’opposizione dei genitori della ragazza) che ipotizza l’istigazione al suicidio? Per il momento si muovono su binari paralleli. Nessun elemento condiviso, nessuna ipotesi di collegamenti. Al momento due fatti distinti. Con un’inchiesta, quella della distrettuale dell’Aquila, nata dalle intercettazioni in corso all’epoca sul caso Castrum. Perchè intercettando la dirigente comunale Maria Angela Mastropietro (a processo insieme ad altri sette con l’accusa di corruzione e che per la procura è il dominus del sistema lavori e tangenti) gli investigatori s’imbattono con le telefonate di un suo familiare che dice di sapere come siano andati i fatti di Giulia che racconta, «io conoscevo bene».
Avviene nei primi mesi del 2016, quando le intercettazioni sul caso Giulianova vanno avanti già da qualche tempo e la vicenda di Giulia rimbalza sulle cronache nazionali con i genitori sempre più convinti che non si sia uccisa ma che qualcuno l’abbia spinta da quel viadottto. A quel tempo la Procura teramana indaga per istigazione al suicidio e iscrive nel registro degli indagati il 25enne finito nelle cronache come l’uomo della Panda rossa, l’ultimo ad aver visto Giulia viva e ad aver avuto un rapporto sessuale con lei quella notte, e l’uomo con lo scooter che quella sera le diede un passaggio per un tratto di strada. Ma in quei giorni sul telefono cellulare della Mastropietro arrivano le telefonate di un suo familiare che dice di sapere come siano andate le cose perchè quella ragazza lui la conosceva bene. Quella intercettazione lascia il fascicolo relativo agli appalti e dà il via alla seconda inchiesta sulla vicenda di Giulia con il nome dell’uomo che finisce indagato per pedopornografia dalla Procura distrettuale.
La cronaca recente è fatta delle nuove indagini scattate dopo il no all’archiviazione per l’inchiesta teramana e della chiusura di quella aquilana. Entrambe raccontano la vita di Giulia, 19enne con il sogno di andare a Londra precipitata da un viadotto dell’autostrada.
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